TEL AVIV – “Il terremoto in Italia è una punizione divina per l’astensione di Roma all’Unesco nel voto sulla Città Vecchia di Gerusalemme“: è quanto ha detto Ayoub Kara, vice ministro israeliano della Cooperazione regionale, del Likud, il partito di centrodestra del premier Benjamin Netanyahu.
Mercoledì 26 ottobre, quando è avvenuto il terremoto che ha nuovamente devastato il Centro Italia già fortemente provato dal sisma del 24 agosto, Kara era in missione in Vaticano, sottolinea il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth
“Passare attraverso un terremoto non è stata la più piacevole delle esperienze, ha detto Kara, citato dal sito, ma abbiamo avuto fiducia che la Santa Sede ci avrebbe tenuto al riparo. Sono certo che il terremoto sia avvenuto a causa della decisione Unesco che il Papa ha fortemente disapprovato. Ha anche detto che la Terra Santa è legata alla Nazione di Israele”.
LE SCUSE DI ISRAELE – “Condanniamo le parole del viceministro Ayoub Kara. Sono inappropriate e non dovevano essere pronunciate. Il viceministro si è scusato per questo e ci associamo a queste scuse”. Lo ha detto il portavoce del ministero degli affari esteri israeliano Emmanuel Nahshon, durante lo shabbat. Il premier Benyamin Netanyahu affronterà l’argomento direttamente con Kara al più presto possibile.
Quelle parole – ha spiegato ancora Nahshon – “non riflettono la forza delle relazioni tra Israele e l’Italia, così come quelle tra le nazioni e i governi dei due paesi”. Già ieri sera – dopo numerose dichiarazioni di condanna da parte di esponenti politici italiani – fonti dell’ambasciata israeliana a Roma avevano attaccato l’intervento di Kara, viceministro di un dicastero, quello della Cooperazione regionale, di cui Netanyahu ha l’interim. “Le parole attribuite al vice ministro Kara – avevano detto – non rappresentano assolutamente la posizione dello Stato di Israele e del ministero degli Esteri. Ci sarà un controllo sulla vicenda”.
LA RISOLUZIONE – Nella contestata Risoluzione sulla “Palestina Occupata” ci si riferisce a Israele come “potenza occupante” e si affronta la situazione di Gerusalemme, ma anche di Hebron e della ricostruzione di Gaza. La Risoluzione è stata accusata da Israele e dalle comunità ebraiche (Italia compresa) di non tenere in conto i legami millenari tra ebrei e Gerusalemme usando terminologia araba come indicazione per luoghi sacri anche agli ebrei, oltre che ai cristiani. In particolare quella di Al-Aqsa Moschea/Al-Haram Al-Sharif per il complesso della Spianata delle Moschee, senza indicare la dizione ebraica di Monte del Tempio (Temple Mount in inglese). Oppure quella di Al-Buraq Plaza, citata tra virgolette anche con il nome inglese di “Western Wall” (Piazza del Muro Occidentale) dove sorge il Muro del Pianto (bastione superstite del Tempio) che gli ebrei indicano come “Kotel”.
La Risoluzione ribadisce tuttavia “l’importanza della Città vecchia di Gerusalemme (e delle sue Mura) per le tre religioni monoteiste” ma al tempo stesso denuncia tutta una serie di violazioni degli accordi internazionali e in particolare dell’Haram al Sharif, compiute – secondo l’Unesco – da Israele per quanto riguarda lo Status Quo storico della Spianata delle moschee (Monte del Tempio), ancora formalmente sotto tutela giordana.