WASHINGTON, STATI UNITI – L’amministrazione di Barack Obama non e’ stata capace di raggiungere un accordo complessivo con le autorita’ di Baghdad sulla presenza militare all’indomani del ritiro. Molti miliardi di dollari in aiuti sono stati sprecati e non hanno prodotto i risultati sperati. E tutto cio’ ha privato gli Stati Uniti di ogni possibile influenza sull’Iraq e le sue prospettive di ricostruzione.
E’questo il duro j’accuse dell’ex segretario di Stato alla Difesa, Leon Panetta, in un rapporto redatto dal Pentagono prima che lo lasciasse. Parole dure che arrivano a poche settimane dal 20 marzo, il giorno del decennale dell’inizio della guerra.
Come scrive il New York Times, Panetta ha ricordato che con la presenza militare americana e la collaborazione tra forze armate e diplomazia, gli Stati Uniti potevano contare su una ”forza rilevante” che avrebbe potuto dissuadere il primo ministro iracheno Nuri Kamal al-Maliki dal prendere ”decisioni sbagliate” e ”andare a sbattere sugli scogli”.
Ma il ritiro dell’ultima divisione americana del dicembre 2011, sostiene Panetta, ha radicalmente ridotto la capacita’ americana di poter condizionare la situazione. Le parole di Panetta sono contenute in un report curato da Stewart W. Bowen Jr, l’ispettore generale per la ricostruzione in Iraq, deciso dal Congresso oltre otto anni fa. Composto di 171 pagine, dal titolo esplicito ”Imparare dall’Iraq”, lo studio analizza soprattutto la gestione dei circa 60 miliardi di aiuti impiegati dagli States sul suolo iracheno.
Ma contiene anche valutazioni, come quelle di Panetta, sulle difficolta’ di trovare un terreno fertile per fare passi avanti e i grossi problemi con le leadership locale. Di fatto, secondo il rapporto, si sono messi in piedi progetti troppo ambiziosi senza consultare a sufficienza la popolazione irachena circa i suoi reali bisogni. Il risultato e’ che con la riduzione della presenza americana sul campo, non e’ stato sempre possibile portare a termine questi progetti e essere certi che raggiungano il loro obiettivo, cioe’ migliorare le condizioni materiali di vita della gente comune.
L’ex ambasciatore americano Ryan Crocker, a Baghdad tra il 2007 e il 2009, ammette che il problema maggiore per gli Usa e’ stato non essere riusciti a ”ottenere un genuino appoggio su questi mega-progetti da parte degli iracheni”. Il suo successore, James Jeffrey, in carica tra il 2010 e il 2012, ricorda come gli sforzi per la ricostruzione hanno assicurato un lavoro a decine di migliaia di iracheni, ha dato loro programmi di assistenza medica, migliorando la produzione di petrolio e di energia elettrica.
Per non parlare dei miglioramenti sul fronte della sicurezza. Tuttavia, anche lui sostiene che e’ stato ”speso troppo denaro con risultati limitati”. Spesso il problema e’ stato iniziare grandi opere che poi nessuno tra gli iracheni e’ riuscito a completare, soprattutto dopo il ritiro militare. Molto meglio sarebbe stato spendere questi soldi in piccoli progetti, piccole strutture che i locali avrebbero gestito in modo piu’ agevole. Il rapporto parla esplicitamente di otto miliardi di dollari praticamente buttati dalla finestra, sprecati in opere che non sono mai state utilizzate da nessuno.