ROMA – Aeroporti locali. Tante, tantissime spese. Pochi, pochissimi viaggiatori. E a pagare spesso sono le Regioni, cioè noi. Funziona così, quasi senza eccezioni, da Nord a Sud. Aosta, per esempio. Racconta Paolo Bracalini sul Giornale che nell’aeroporto costato 30 milioni di euro sono transitati nel 2013 in 62: circa 5 persone al mese, praticamente una persona a settimana. Ma non è il solo caso critico. Sempre Bracalini sul Giornale va a spulciare nei dati degli altri scali locali. E i numeri fanno riflettere:
Tra le partecipate messe peggio, finite nel dossier di Cottarelli, è frequente trovare le società di gestione aeroportuale. Scali minuscoli, magari a pochi chilometri da altri più battuti, e perciò snobbati dai passeggeri. Come l’aeroporto Gabriele D’Annunzio di Montichiari (Brescia), a poca distanza da quello di Bergamo e da quello di Verona, in un’area che da Milano a Venezia conta uno scalo ogni 40 km (oltre ai treni ad Alta velocità).
Da Montichiari a Trieste la musica non cambia:
L’aeroporto di Montichiari, gestito dalla società Catullo Spa (a sua volta proprietà di varie Province e Comuni) che gestisce anche lo scalo di Verona, ha perso nell’ultimo decennio più di 40 milioni di euro, con solo 7mila passeggeri l’anno, 600 al mese circa (Malpensa, per avere un confronto, ne ha 18 milioni l’anno). Pochi biglietti ma molto personale: controllori di volo, doganieri, poliziotti, facchini… Non stupisce, quindi, che l’indice di redditività dell’aeroporto bresciano sia da brivido: -217,65%. Male anche l’aeroporto di Trieste, proprietà della Regione attraverso la sua controllata Aeroporto Friuli Venezia Giulia SpA. Per il 2014 si stima un buco di bilancio attorno a 1,5 milioni di euro mentre il Cda porta a casa 540mila euro, raccontano i giornali locali. E la Regione copre i buchi e paga le compagnie per atterrare lì.
Idem in Puglia:
Come succede altrove, anche in Puglia, con sovvenzioni regionali a Ryanair (17 milioni appena approvati) e altri vettori. Inutile però, a quanto pare, per risollevare le sorti dell’aeroporto di Foggia. Quindici passeggeri al giorno, e in calo, perdite da 2 milioni e mezzo l’anno. «Abbiamo investito tanti soldi sullo scalo di Foggia per il raddoppio della pista» spiegava settemnbre il governatore pugliese Nichi Vendola, annunciando la riapertura dei voli per Milano e Torino. Chissà se arriveranno, oltre ai soldi pubblici, anche i passeggeri. Che finora volano su Bari, poco lontana, che offre 50 voli al giorno a prezzi più bassi grazie ai low cost.
Ma il quadro riguarda tutta Italia ed è finito nel mirino della Corte dei Conti Ue
Un problema segnalato anche dalla Corte dei Conti Ue in un recente rapporto che prende in esame gli aeroporti di Alghero, Catania, Comiso e Crotone (quest’ultimo definito «insostenibile»), tutti con un altro scalo a meno di due ore di distanza. Ma dappertutto la mappa degli aeroporti italiani (e delle società partecipate dagli enti locali che li gestiscono) presenta un profondo rosso. Come a Cuneo, dove la Geac Spa partecipata da Regione Piemonte e Provincia ha chiuso il 2013 ancora in perdita, e parecchia: -1,7 milioni. Voragini come per l’aeroporto di Parma, un altro scalo pronto per la liquidazione, che si scongiurerà solo grazie ai cinesi della Izp Technologies, pronti a sborsare 250 milioni per rilevare lo scalo. Segno meno anche per altri aeroporti minori (indispensabili?) come Lucca, Salerno, Comiso, Albenga, Taranto… Tutti partecipati da sindaci e governatori. Meno, invece, dai passeggeri.