ROMA – Papa Francesco indica la via del perdono per chi è ateo. Ma il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, piega le parole del pontefice al suo pensiero. Spazzando via anche l’etica laica.
Scrive Antonio Socci su Libero:
Eugenio Scalfari non deve aver digerito la cancellazione dal sito del Vaticano della sua «intervista» al Papa. E nella sua interminabile omelia domenicale ha ribadito che «Francesco ha teorizzato in varie occasioni la libertà di coscienza dei cristiani come di tutti gli altri uomini e la loro libera scelta tra quello che ciascuno di loro ritiene sia il Bene e quello che ritiene sia il Male. E portando avanti il Vaticano II [Francesco] ha deciso di dialogare con la cultura moderna». La sommarietà di queste frasi mostra che Scalfari non ha le idee chiare. Ma con l’espressione «in varie occasioni» cerca di dire che anche nella lettera scritta dal Papa il 4 settembre, in risposta a un suo articolo del 7 agosto, Francesco diceva sulla coscienza la stessa cosa che lui gli ha attribuito nell’intervista del 1° ottobre (quella cancellata dal sito vaticano). Invece si sbaglia. La domanda posta da Scalfari nel suo articolo agostano era infatti la seguente: «Se una persona non ha fede né la cerca, ma commette quello che per la Chiesa è un peccato, sarà perdonato dal Dio cristiano?». La risposta è «no», ma Scalfari ha creduto invece di sentire «sì». Perché un tale malinteso? Per due ragioni. La prima. Scalfari equivoca sull’atteggiamento del Papa, che invece di freddarlo con un secco «no», lo prende per mano e fraternamente gli mostra la verità e la via del perdono. Infatti Francesco gli risponde dicendo che «la cosa fondamentale» è «che la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito». Già questo è eloquente. Poi il Papa aggiunge che «per chi non crede in Dio la questione sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha fede, c’è quando si va contro la coscienza» che bisogna «ascoltare e obbedire».
Qui scopriamo la seconda ragione dell’equivoco. Scalfari non ha compreso la complessa e delicata dottrina cattolica sulla coscienza e la confonde con l’opinione, ovvero ciò che uno decide che sia Bene o Male. Ma quando il Papa parla di coscienza intende tutt’altra cosa, ovvero «la legge scritta da Dio nell’intimo» dell’uomo, «una legge che non è lui a darsi, ma alla quale deve obbedire » (sto citando il Concilio Vaticano II che Scalfari evoca, ma senza conoscerlo). In sostanza, Papa Francesco con quella risposta rimandava al n. 1864 del Catechismo della Chiesa Cattolica, laddove parla del «peccato contro lo Spirito Santo », cioè l’unico che non può essere perdonato. Il Catechismo recita infatti: «La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo. Un tale indurimento può portare alla impenitenza finale e alla rovina eterna». Scalfari dunque equivoca. Ma a me stupisce pure che egli possa coltivare quell’idea la quale, di per sé, spazza via anche ogni tipo di etica laica. Se infatti il Bene e il Male non sono oggettivi, ma sono definiti da ciascuno a proprio arbitrio, non si vede in base a cosa si possano condannare certe infamie o grandi criminali come Hitler e Stalin, perché costoro potrebbero sempre giustificarsi sostenendo di aver seguito la propria idea di Bene. L’equivoco di Scalfari ha tratto molti in inganno. Qualcuno, nel mondo cattolico, ha storto il naso perché il Papa ha dialogato con un potente intellettuale che ha sempre manifestato la sua avversità alla Chiesa (…)
In riferimento al primo tema, Francesco ha testimoniato accoratamente il suo personale incontro con Cristo che non è solo uomo, ma si proclama e si dimostra tangibilmente Dio, dunque il Salvatore. Sulla seconda domanda il Papa ha colto un’ansia sulla sorte eterna che vive anche chi si proclama ateo. Scalfari sembra sincero in entrambi i casi. Rischia però di cadere in un autoinganno, quello di cercare risposte compiacenti con le sue opinioni. Sembra che cerchi una qualche rassicurazione, dal Vicario di Cristo, perché – in fin dei conti – se c’è poi qualcosa la prospettiva dell’in – ferno, cioè di un tormento senza fine e senza scampo, non è proprio simpatica. Nemmeno per chi si dice ateo. All’intellettuale ateo Papa Francesco ha teso fraternamente la mano e con umiltà lo ha esortato a lasciarsi abbracciare dalla Misericordia di Dio. Perché, come ha detto Gesù a santa Faustina Kowalska (evocata dal Papa all’Angelus di domenica): «Chi non vuole passare attraverso la porta della misericordia, deve passare attraverso la porta della Mia giustizia». E con la giustizia di Dio non si scherza. Certo, Scalfari è un navigatore di lungo corso, un uomo che si è dimostrato abilissimo a destreggiarsi in tutte le epoche. Solo che con il Padreterno la scaltrezza umana non funziona (…)