ROMA – “Grillo ha perso perché non capisce le nostre paure”. Questo il titolo del commento su Libero a firma di Giampaolo Pansa sui risultati delle europee.
Piazze piene, urne vuote. L’aveva già detto sessant’anni fa il leader socialista Pietro Nenni, durante la campagna elettorale del Fronte popolare nell’aprile 1948. Comunisti e socialisti erano convinti di vincere non soltanto perché avevano un’arroganza senza limiti, ma poiché vedevano un mare di gente ai loro comizi. Nenni era più schietto di Palmiro Togliatti e un giorno se ne uscì con quella profezia. Molto azzeccata, dal momento che le sinistre persero il confronto con la Democrazia Cristiana guidata da Alcide De Gasperi. Nel Movimento Cinquestelle nessuno ha avuto l’accortezza di rammentare il monito di Nenni al generalissimo Beppe Grillo.
Lui si era convintodi vincere. Sino all’ultimo lo ha garantito alle sue truppe e aipossibili elettori strillando: «Vinciamo, anzi stravinciamo, abbiamo già vinto!». Non si rendeva conto di avere di fronte un’illusione ottica: una serie di piazze stracolme. Da comico patentato, avrebbe dovuto pensare che quellemigliaia di persone stavano lì per godersi un show senza pagare il biglietto. Non lo ha fatto. Si è costruito da solo il proprio disastro. E adesso vediamo il perché.
Il primo motivo sta nel carattere di Grillo. Lui è uno spaccone, un ganassa direbbero in Lombardia. Mentre dalle mie parti, nel Basso Piemonte, userebbero per lui una espressione curiosa: è uno sgiafelaleon, il tipo che si crede capace di prendere a schiaffi anche i leoni. In versione pagliaccesca, piuttosto che da carogna. Il capo stellare si è sempre presentato così al proprio pubblico. Con l’aiuto gratuito deimedia televisivi, sempre disposti a mandare in onda personaggi e spettacoli da catalogare sotto la rubrica «Strano,ma vero». L’elenco delle prodezze di Grillo è impressionante. Si va dall’impresa fisico- sportiva di attraversare a nuoto lo Stretto di Messina per comiziare in Sicilia, sino a quelle politico-minacciose. Tutte offerte, giorno dopo giorno, dal suo blog, testimonianza non contestabile del piacere di stupire e, insieme, di mettere paura.
Grillo non ha mai perso l’occasione per presentarsi come uno pronto a schiaffeggiare i leoni.Anche quando non li aveva di fronte. Mi è rimasto impresso ciò che ha detto martedì 20 maggio, nell’entrare a Montecitorio per impartire ai suoi gli ultimi ordini prima del voto europeo. Mentre attendeva l’ascensore, ha scorto due commessi e non ha resistito al gusto della battuta sadica: «Quando verremo qui, licenzieremo un po’di questi signori!». Renato Brunetta ha commentato: «Ai commessi è andata bene, perché Grillo non li ha invitati a fare un giro in auto sul suo Suv». Il Grillo trionfante ci lascia in eredità un ritratto penoso di se stesso. Costruito senza prudenza con una serie infinita di ganassate. Dopo la vittoria, faremo i processi ai politici, agli imprenditori, ai giornalisti. Indagheremo a fondo sui loro patrimoni nascosti, sulle falsità, sulle infedeltà fiscali. Il pugno duro non risparmierà nessuno, come dimostrano le espulsioni dei parlamentari stellati che rifiutano di obbedire ai miei comandi.
Grillo era talmente sicuro del proprio potere assoluto da non temere di contraddirsi. Dopo aver vietato per mesi a senatori e deputati di andare in tivù, all’improvviso gli ha imposto di presentarsi a tutti i talk show. Con il risultato di mostrare la fragilità di tanti dei suoi. E Grillo non è stato il solo a montarsi la testa. Anche il suo socio Gianroberto Casaleggio ha pisciato fuori dal vaso, per usare un lessico da bar. Aveva sempre taciuto, nella convinzione che il mistero lo rendesse più forte. Ma quattro giorni prima del voto europeo, ha regalato al «Fatto quotidiano» un’intervista sterminata, scritta daMarco Travaglio. Due paginate pompose e incaute che si chiudevano con tre parole rischiose.
Alla domanda se credesse davvero che i grillini sarebbero arrivati davanti al Partito democratico, Casaleggio ha risposto: «Ci credo veramente». Travaglio gli ha ricordato che Grillo diceva spesso: «Seperdo le elezionieuropee, mi ritiro». Replica del guru: «Non ci credo, non è il tipo. Lo dice ogni tanto, per stanchezza. Ma anche luipersegue l’obiettivo diportare iCinque Stelle al governo. Poimagari si ritira unminuto dopo. Anche se lo fanno ministro». Però Grillo seguita a ripetere lamedesima solfa. E spesso la completa con una spiegazione che non deve sfuggirci: «Se perdo mi ritiro, perché non sono adatto a questo paese!». È un corollario interessante dal momento che apre uno spiraglio sulla vera ragione del disastro elettorale del suo partito.Non essendo adatto all’Italia di oggi, Grillo ha commesso l’errore fatale per un leader politico: non ha saputo capire come sono fatti gli italiani del 2014 (…)