CHIOGGIA – Niente offerte e niente messe al capitello della Madonna a Cavarzere per la presunta veggente Alina Coia. A dirlo è il vescovo di Chioggia, monsignor Adriano Tessarollo, che ha dettato le regole da seguire per i fedeli nell’area dove si trova la statua.
Filippo Greggio sul Gazzettino scrive che il vescovo ha emanato un provvedimento che detta le regole di devozione al capitello:
“Il documento, che porta la data dell’11 luglio, non ha lo scopo di riconoscere la presenza di fatti straordinari, dove la presunta veggente Alina Coia sostiene da anni di vedere la Madonna, ma si limita a indicare cosa si può fare nell’ara del capitello e cosa invece è vietato dalla chiesa locale.
Sono cinque i punti, indicati dal presule, che i fedeli dovranno rispettare. È concessa, in via ordinaria, esclusivamente «la pia pratica del rosario o di altre forme di preghiere private approvate».
Al secondo punto si legge che «nessun sacerdote sia autorizzato a celebrare l’eucaristia, né altri sacramenti e non è ammesso l’esercizio del ministero dell’esorcista, usando l’olio cosiddetto impropriamente “santo” che si dice trasudi dalla statua della Madonna».
Il documento regolamenta anche la gestione delle offerte che non dovranno essere raccolte «se non per fini dichiarati e documentati pubblicamente, senza che ciò sia connesso con la promessa di particolari grazie mariane».
Al quarto punto viene ribadito il valore «esclusivamente privato del luogo». Monsignor Tessarollo affida la sua conclusone a un passo della Lumen Gentium.
«I fedeli si ricordino che la vera devozione (alla Madonna) non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa quale vana credulità, ma bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all’imitazione delle sue virtù». La commissione costituita, nella sua relazione finale, mette in guardia i fedeli «dal pericolo di eccesso di devozionismo, attese miracolistiche, culto della cosiddetta “veggente”, isolamento rispetto alla vita della comunità ecclesiale e “autoreferenzialità”»”.