ROMA – La rassegna stampa di Blitz quotidiano. Le prime pagine, i commenti e gli editoriali de Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Fatto Quotidiano, Il Manifesto…
La Repubblica: “Renzi: le quattro sfide Pd a Grillo”. Articolo di Carmelo Lopapa:
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“La mia strada è dentro il partito, non sono interessato a scorciatoie e non ho intenzione di mollare Pierluigi. Matteo Renzi si presenterà stamattina alla direzione del Pd. È il D-day delle decisioni importanti, dopo la vittoria che sa di sconfitta, giorno dell’atteso discorso del segretario Bersani a caccia di una via d’uscita dall’impasse. Il sindaco di Firenze è arrivato già ieri a Roma, in treno, ha raggiunto in taxi Palazzo Chigi per incontrare il premier Mario Monti, discutere del bilancio dei comuni ma inevitabilmente anche degli scenari. Oggi ascolterà il leader come gli altri dirigenti, il suo intervento è altrettanto atteso, in un partito confuso e che per certi versi guarda già avanti. «Noi non dobbiamo inseguire Grillo, dobbiamo sfidarlo sul suo terreno, quello dell’innovazione — è la convinzione maturata in queste ore da Renzi — In tutta la campagna elettorale ci siamo fatti dettare l’agenda da Berlusconi. Ora, con la campagna finita, non possiamo farcela imporre da Grillo»”.
Mugugni, dissensi e timori l’ipotesi nuove urne divide il Pd ma la resa dei conti è rinviata. Scrive Giovanna Casadio:
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“Quelli che scherzano: “Ora in streaming sul web, dobbiamo presentarci come hanno fatto i grillini?». Ironia amara alla vigilia della Direzione democratica, per la prima volta trasmessa in diretta. Quelli che prendono atto della «gravità del momento» e non hanno voglia neppure di una battuta. I fratellicoltelli, le correnti, le diverse anime ribollono nel “parlamentino” democratico. Siamo al punto di massima tensione. Però lo tsunami elettorale non consente vecchi copioni. Non ora, non oggi. Non più D’Alema e Veltroni contro, la musica è cambiata nelle urne.
Oggi c’è Renzi, che per la prima volta interverrà in Direzione. Non lascerà solo Bersani e appoggerà la linea di tentare un governo con i 5Stelle, anche se è la cosa che lo convince di meno: «Mollo il segretario solo dopo che l’ha lasciato Migliavacca…», scherza il sindaco “rottamatore”. Maurizio Migliavacca è il capo della segreteria bersaniana, piacentino, fedelissimo, l’uomo a cui Bersani affida le patate bollenti. La rotta l’hanno discussa di nuovo insieme, ieri. Con lui si è confrontato il leader per limare quegli otto punti di governo – correzione delle politiche Ue; misure urgenti per il lavoro; riforme della politica; conflitto d’interessi; diritti; green economy; scuola e ricerca – e per andare avanti nel tentativo di formare un governo con l’appoggio dei grillini”.
Il Corriere della Sera: “La carta finale di Bersani”. Il fantasma senza tempo. Editoriale di Angelo Panebianco:
“Chi pensa che la democrazia necessiti di governi forti, dotati di tutti gli strumenti istituzionali necessari per attuare le proprie promesse elettorali, è un pericoloso golpista, un fautore di disegni autoritari, un nemico della «vera» democrazia? Da più di trenta anni è sempre a questa domanda che siamo inchiodati tutte le volte che insorgono conflitti intorno a progetti di riforma costituzionale. Oggi, una classe politica con un piede nella fossa (come Grillo, graziosamente, le ricorda ogni giorno), potrebbe avere interesse a non dare a quella domanda la risposta che è fin qui sempre prevalsa.
Senza una radicale ristrutturazione delle loro offerte politiche, centrosinistra e centrodestra non riuscirebbero a invertire la corrente, a riconquistare i consensi perduti. Ma la ristrutturazione dell’offerta politica è possibile solo se vengono cambiate le regole del gioco. Diversi editorialisti di questo giornale hanno ricordato, nei giorni seguiti alle elezioni, che la condizione di stallo in cui siamo potrebbe essere avviata a soluzione, se si realizzasse uno scambio virtuoso (fra sistema maggioritario a doppio turno e semi-presidenzialismo). Se si trovasse la volontà politica, basterebbero pochi mesi per fare tutto. Poi si tornerebbe a votare.
Ma occorrerebbe un consenso almeno sul fatto che la democrazia necessiti di quella stabilità che solo governi istituzionalmente forti sono in grado di assicurare, e che maggioritario e semi-presidenzialismo servono a quello scopo”.
Lo stallo nasconde una campagna elettorale che in realtà continua. La nota politica di Massimo Franco:
“Il Pdl di Silvio Berlusconi lo dice con un candore che ad altri manca: «Per noi la campagna elettorale non è finita». Probabilmente, lo pensano tutti i partiti. E questo spiega, insieme con le percentuali da ingovernabilità emerse dalle urne, perché sarà difficile, se non impossibile, formare una maggioranza parlamentare capace di proiettarsi almeno fino a metà legislatura. Dietro la volontà ostinata di Pier Luigi Bersani di tentare una coalizione con Beppe Grillo; dietro la disponibilità berlusconiana di dare vita a un «governissimo»; e dietro i «no» del Movimento 5 stelle a un’alleanza «con i partiti», si scorgono calcoli di bottega. E sullo sfondo si stagliano le manovre per il Quirinale. La conferma viene dalla decisione berlusconiana di programmare una manifestazioni di piazza al mese.
Contro «l’oppressione fiscale e giudiziaria», annuncia il segretario del Pdl, Angelino Alfano, anche se il Cavaliere sta per rinominarlo Forza Italia. Pazienza se le due presunte «oppressioni» mescolano in modo inestricabile i processi e il timore di una condanna di Berlusconi, e la politica economica. Sono comunque temi da spendere di fronte all’elettorato: fra pochi mesi o fra un anno”.
“Signor ministro Balduzzi del ministero della Salute, l’altra sera ho avuto modo di vedere il programma Le Iene e ho provato un senso di schifo e di vergogna nel sentire, sullo sfondo di una sua foto, il freddo comportamento da lei espresso attraverso il filo del telefono, dove era chiaro che lei facesse finta di non sentire colui che dall’altra parte del filo, il bravissimo Giulio Golia, tentava con ogni mezzo di stanarla dalla finzione. Ma lei niente da fare». Marco Occhipinti, autore e giornalista del programma Le Iene, aveva dato a Golia l’incarico di indagare sulla drammatica storia della piccola Sofia, una bambina di tre anni affetta da una malattia degenerativa che la sta portando alla morte in seguito a un atto scellerato da parte del pm Guariniello e del ministero della Salute che, in modo ancor più degenerativo della malattia stessa, ha bloccato l’UNICA cura in grado di migliorare le condizioni della piccola Sofia”.
“Due famiglie su tre, il 65% del totale, pensano di avere un reddito inferiore al necessario. Erano il 40% nel 1990. E non è un caso che tale disagio – riscontrabile in tutta la penisola – sia più elevato al Sud, nei nuclei con il capofamiglia meno istruito, disoccupato o pensionato. È la povertà che avanza spinta dalla crisi, partendo dalle zone tradizionalmente più arretrate. A denunciarla, una volta di più, sono due studi della Banca d’Italia, che non si limita però a segnalare gli allarmi sull’impossibilità di vivere con dignità, provenienti da una parte crescente della popolazione, complici la recessione e l’aumento della disoccupazione, già in qualche misura conosciuti (l’indagine è sui redditi del 2010). Ma analizza, verificando i significativi dati sul crollo della propensione al risparmio, il cambiamento sociale ed economico dell’Italia negli ultimi vent’anni. Perché – ed è la tesi dei ricercatori di Palazzo Koch – la crisi ha solo accelerato un processo di impoverimento iniziato da tempo con il rallentamento della crescita e della competitività”.
“Era tornato nel suo Venezuela per morire, una decina di giorni fa, dopo una quarta e inutile operazione a Cuba. Hugo Chávez Frias, presidente del Venezuela dal 1999, è spirato ieri pomeriggio a Caracas, quando in Italia erano le 23. Avrebbe compiuto 59 anni il prossimo 28 luglio. L’annuncio in catena nazionale è giunto dal suo vice Nicolas Maduro, scoppiato in lacrime durante il discorso. Era dunque serio e imbattibile il tumore che ha colpito Chávez per la prima volta nel 2011, e sul quale a tutt’oggi non esiste una informazione medica ufficiale. Ma esperti concordano che si è trattato di un raro sarcoma, iniziato nella regione del bacino e poi finito per metastasi a colpire altri organi.
La Costituzione del Venezuela prevede che i poteri passino temporaneamente al presidente del Congresso Diosdado Cabello il quale dovrebbe indire nuove elezioni entro un mese. Poiché Chávez è morto da presidente in carica a tutti gli effetti — non ha mai ceduto i poteri, nemmeno temporaneamente durante la malattia — il Venezuela entra adesso in una delicata situazione di diarchia. Perché l’erede designato da Chávez è Maduro, ed è lui che si dovrebbe presentare alle prossime elezioni alla guida del Psuv, il partito socialista. Cabello e Maduro rappresentano le due anime distinte del chavismo che tenterà di sopravvivere al suo creatore: militare il primo, politico e legato all’ideale socialista il secondo”.
“A circa una settimana, ossia da quando sono stati resi noti i risultati elettorali, tutte le forze politiche si comportano come se l’economia non esistesse: l’attenzione è pressoché totalmente indirizzata a uscire dal vicolo cieco in cui la politica stessa si è cacciata, senza alcuna vera attenzione né per la crisi economica né per le regole e i vincoli di un’economia che, come le altre dell’Unione Europea, non può più dirsi totalmente sovrana, risultando vincolata da regole che non è possibile trasgredire disinvoltamente.
Un atteggiamento del genere rischia di distruggere in poche settimane il risultato di un anno e più di sacrifici: l’Italia ha riacquistato credibilità ma deve prendere a prestito quasi un miliardo di euro al giorno solo per rifinanziare il debito in scadenza, un’operazione che già è ridiventata sensibilmente più cara. In queste condizioni il dialogo con l’Europa non può essere condotto burocraticamente; al tavolo devono sedere un presidente del Consiglio e un ministro dell’Economia pienamente legittimati, ossia in grado di impegnarsi sulla base di un sostegno generale espresso dal Parlamento con un voto di fiducia”.
“L’autopresentazione dei parlamentari di Grillo in diretta tv da un albergo della Capitale («Ciao, sono Diego, in quanto sommelier mi vorrei occupare di agricoltura») ha dissolto in un istante decenni di polverosa comunicazione politica. Siamo in grado di anticiparvi l’intervento degli eletti della lista Monti che si raduneranno oggi a Roma in un esclusivo monolocale del centro”.
“Uno che indossava l’uniforme di colonnello ma, contemporaneamente, vestiva anche i panni istituzionali di Presidente: quella parola, dentro cui sta pure una netta definizione politica, è «Caudillo». Noi europei, questa etichetta la ricordiamo soprattutto appiccicata all’ultimo dittatore dei nostri paesi, Francisco Franco «Caudillo de Espana», che morì nel novembre del ’75 aprendo (involontariamente) la strada al ritorno della democrazia; ma i Caudillos sono in realtà figure legate alla storia politica e sociale dell’America Latina, retaggio di quei poteri che il colonialismo iberico aveva consegnato alle terre su cui aveva dominato con la spada e con la croce”.
“Ieri, da ben due articoli di Repubblica firmati da Maltese e Serra, abbiamo appreso che il Fatto tifa, anzi addirittura “gongola” per un governo Passera. Vorremmo rassicurare i lettori e gli amici Maltese e Serra. Passera ci è bastato e avanzato come ministro del governo Monti (tra ponte sullo Stretto, mancata asta sulle frequenze tv e indagini per frode fiscale), peraltro appoggiato ventre a terra da Repubblica che ora ci accusa di auspicare l’inciucio Pd-Pdl mentre ne ha sostenuto uno identico fino all’altroieri. Siccome siamo un giornale e diamo notizie, quella di Passera capo di un governo del Presidente, o tecnico, o di scopo è un’ipotesi che circola insistentemente nel Palazzo. Dunque l’abbiamo registrata, anche se non ci piace. Non ci piace nemmeno che abbiano incendiato la Città della scienza a Napoli, ma purtroppo è accaduto e ne informiamo i lettori, sperando che per questo nessuno ci accusi di averla bruciata noi. Il malvezzo di confondere i fatti con le opinioni altrui è tipico di chi è abituato a fare così in proprio. Per esempio, a dipingere Grillo & C. come fascisti fino al giorno delle elezioni, poi a elogiarli e vezzeggiarli dal giorno dopo nella speranza che facciano da stampella a un governo Bersani, poi a ridipingerli come fascisti quando annunciano che non lo faranno”.
“Niente da dire, c’è voluto un bel po’ di tempo perché la terza sezione civile della Cassazione si pronunciasse su una causa intentata al Giornale da Ilda Boccassini, procuratore aggiunto a Milano. Ma finalmente, implacabile, la mannaia della legge, una volta tanto aliena da smemoratezze, si è abbattuta su questa nostra testata e su noi giornalisti diffamatori. Nella vicenda, che risale al secolo scorso- 1999- sono coinvolto personalmente perché allora ero direttore responsabile del Giornale e dunque punibile per non avere censurato un articolo di Salvatore Scarpino dal titolo «Colpevole a tutti i costi». Il colpevole a tutti i costi era Silvio Berlusconi: oggetto secondo Scarpino, ma anche secondo innumerevoli osservatori – compresi alcuni che al centrodestra erano estranei o addirittura ostili d’un accanimento giudiziario senza precedenti. Accanimento definito da Scarpino una vera e propria guerra. La signora Boccassini, nota per il marmoreo riserbo su quanto atteneva e attiene alle sue preferenze politiche, s’è sentita offesa dal sospetto d’una affiliazione alla sinistra- dai più ritenuta evidente – ed è ricorsa alle vie legali. Così è accaduto che il Giornale , io e Scarpino fossimo condannati in primo grado a 50mila euro di risarcimento, diventati 100mila in appello e adesso confermati definitivamente dalla Suprema Corte”.
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