Cucchi, Uva, Mogherini: “Autonomia dei magistrati non sia impunità”

Ilaria Cucchi
Ilaria Cucchi

ROMA – Sul tema della responsabilità dei magistrati, Ilaria Cucchi, Andrea Magherini e Lucia Uva, i cui cognomi corrispondono ai casi di Giuseppe Uva, Stefano Cucchi e Riccardo Magherini hanno scritto una lettera aperta a Rodolfo Sabelli, presidente della Associazione Nazionale Magistrati (ANM), che è stata pubblicata dal Fatto nella sua edizione di domenica 15 giugno col titolo: “Da Cucchi a Uva: anche i pm devono pagare”.

Scrivono Ilaria Cucchi, Andrea Magherini e Lucia Uva:

“Caro dottor Rodolfo Sabelli, scriviamo per conto dei nostri cari Giuseppe Uva, Stefano Cucchi e Riccardo Magherini. Vogliamo mettere in chiaro che, nonostante lo Stato ci abbia riconsegnato i nostri cari affidati alla sua custodia come cadaveri, noi non abbiamo in alcun modo perso la fiducia nelle Sue istituzioni e, tantomeno, la nostra fede democratica.
Noi riteniamo che l’indipendenza della magistratura sia un valore essenziale per il suo buon funzionamento e irrinunciabile per un Paese civile e democratico. Ci consenta però di dirle che noi guardiamo l’associazione che lei rappresenta da una prospettiva privilegiata. Privilegiata dalle tragedie che le nostre famiglie si sono trovate a dover affrontare.
Noi crediamo di poter serenamente dire che dietro questi sacrosanti principi di autonomia e indipendenza si celano fenomeni di totale deresponsabilizzazione, quando non addirittura impunità.
Noi ammiriamo quei pm che quotidianamente e in silenzio rendono con onestà e professionalità un servizio indispensabile al civile vivere insieme. Che mettono a repentaglio la loro vita. Che sono innamorati della Giustizia.
Sono tanti. Tutti o quasi tutti. Ecco noi dobbiamo esprimerle, nel nostro piccolo, tutte le nostre perplessità su quanto succede, o meglio non succede, quando si verifica quel quasi. Se per esempio a Varese un pm paralizza un’indagine per 5 anni con comportamenti sistematicamente censurati da tutti i giudici di volta in volta interpellati. Se questo pm trasforma la sua funzione in un esercizio di potere fine a se stesso arrivando a umiliare e offendere i familiari della vittima fino a esser sottoposto a procedimento disciplinare.
Se a Firenze un altro pm, in occasione di una morte sospetta di un ragazzo di 40 anni in mano ai carabinieri, si dimentica di andare sul posto per effettuare le prime indagini delegandole agli stessi carabinieri.
Sa a Roma un pm e un giudice, nonostante abbiano di fronte un ragazzo ferito a botte e palesemente sofferente – tanto che morì sei giorni dopo – non se ne accorgono e nemmeno lo guardano in faccia sbattendolo in galera come un albanese senza fissa dimora, quando invece è cittadino italiano con regolare residenza.
Se accade tutto ciò e nulla succede a questi magistrati che certo non onorano la loro funzione, noi cittadini cosa dobbiamo pensare?
Le anomalie della Procura di Varese sono note a tutti.
Che a Firenze sia stato necessario che la famiglia di Riccardo Magherini tenesse per scelta la salma del proprio caro in una cella frigorifera per oltre tre mesi, per consentire al pm di svegliarsi, sequestrarla, iscrivere i protagonisti del suo scellerato fermo sul registro degli indagati e procedere poi alle operazioni post autoptiche, è ormai arcinoto.
Che a Roma, a causa di quella “collettiva distrazione” sia iniziato il calvario del povero Stefano, terminato con la sua morte nelle terribili condizioni che sappiamo, è ancora arcinoto.
Ma a quei pm nulla ma proprio nulla è accaduto.
La prova? Venga a Varese il 30 giugno prossimo. Venga con noi. E si preoccupi perché proprio l’impunità di quei comportamenti può costituire il maggior pericolo per l’autonomia e indipendenza che tanto a cuore sta a noi tutti”.

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