Fassino, il Giornale: “Il pignolo che fa piangere tutti”

Fassino, il Giornale: "Il pignolo che fa piangere tutti"
Fassino, il Giornale: “Il pignolo che fa piangere tutti”

ROMA – Fassino, il sindaco di Torino, “il pignolo che fa piangere tutti” scrive Giancarlo Perna sul Giornale: “Dopo essere andato ten­toni per oltre sessant’an­ni, Piero Fassino ha tro­vato la sua strada. Sindaco di To­rino da un biennio, l’ex segreta­rio ds piace pure agli avversari. È stato votato sindaco più amato d’Italia dai concittadini,mentre i colleghi in fascia tricolore lo hanno eletto al vertice dell’Anci, l’associazione di categoria.Al co­ro si è aggiunto il più peperino tra loro, il sindaco fiorentino e neo segretario del Pd, Matteo Renzi”.

L’articolo di Giancarlo Perna:

Paradossalmente, il segno del successo di Fassino sindaco è che diverse magistrature – ordi­naria, contabile, amministrati­va – hanno cominciato a ficca­nasare nel municipio torinese. Il Consiglio di Stato ha bocciato un concorso per dirigenti comu­nali giudicandolo pilotato e in­farcito di favoritismi, mentre al­tre iniziative giudiziarie sono in corso. Tutte hanno un elemento in comune:l’aria aperta che Fas­sino, col suo ingresso nel 2011, ha fatto entrare a Palazzo Civi­co, dando il via allo smantella­mento del «sistema Torino». Si­mile al «modello Roma» di vel­troniana memoria, il «sistema Torino» è l’intreccio tra capataz comunali e maneggioni della «società civile» che ha irretito la città guidata dalle giunte di sini­stra dei Castellani e Chiampari­no. Le quali, aldilà dei meriti ­che ci sono, specie con la reggen­za Chiamparino- avevano crea­to centri di potere incontrollati diventati bubboni. Fassino, per esempio, si è imbattuto nel caso di un mercato coperto, in cui i commercianti facevano como­damente i loro affari ma ai quali il Comune aveva dimenticato per un decennio di chiedere il ca­none di locazione delle botte­ghe. Una complicità dall’alto,co­stata alla città minori entrate per più – pare – di mezzo milione di euro.Bene,tutte cose-mi garan­tiscono osservatori in loco – che col nostro Piero sono agli sgoc­cioli. Una ramazza che, se fa invi­perire i furbi, piace agli onesti.
L’altra cosa che ha colpito in­vece me, è il piglio con cui Fassi­no ha preso a pedate il patto di stabilità che impediva al Comu­ne di usare a vantaggio della cit­tà i suoi denari. Il patto – inven­zione che ci viene dall’Ue, per il rispetto dei soliti parametri del tre per cento e compagnia ­avrebbe costretto il Comune a non pagare i fornitori, come ha colpevolmente fatto lo Stato con i propri. Fassino, senza tenten­nare, e d’accordo con l’assesso­re al Bilancio, Gianguido Passo­ni, economista all’università,ha scelto di assoggettarsi alla multa di rito pur di rispettare gli impe­gni. Al governo centrale ha versa­to una contravvenzione di una trentina di milioni, ma intanto ha pagato i debiti contratti con gli imprenditori per cifre molto più alte. Con due vantaggi: difen­dere l’onore della municipalità col mantenere la parola e iniet­tando denaro nell’economia cit­tadina con palpabili effetti anti­crisi.
Alle elencate virtù di Fassino, fa da contraltare il suo carattere notoriamente ispido. Alto 1,92, soprannominato Grissino per la magrezza, ipertiroideo e sovra­eccitato, Piero è scorbutico,per­maloso e maestrino fino all’inso­lenza. Anni fa, in una riunione di partito, ebbe uno scontro con la conterranea Livia Turco tanto duro che la ragazza (allora) scop­piò in lacrime. Fassino, che diri­geva i lavori, si alzò e disse perfi­do: «Sciogliamo la riunione e la­sciamo che la Turco pianga».
Le sue esplosioni di stizza so­no frequenti. Lo riconosce lui stesso che però si assolve: «Chi si sfoga mangiando, chi bevendo, io lo faccio con gli scatti d’ira.Ma tornano presto a volare gli uccel­li e si rafforza il rapporto uma­no ». Sul fatto che mangi poco o si distragga lasciando il cibo nel piatto, ha costruito una leggen­da sapientemente alimentata. «L’affetto della gente per me di­pende proprio dalla mia magrez­za, dal fatto che sembro una per­sona tormentata », ha osservato, completando il ragionamento con uno spruzzo di patriottismo cittadino: «Sono nato a Torino e sono sabaudo. Sono alto e ma­gro e ho questa immagine un po’ calvinista, tipica di chi è vissuto in una città forgiata dall’etica del lavoro». In effetti, passa sedici ore il giorno a Palazzo Civico,es­sendo insonne per via dell’iperti­roide. Lo staff è allo stremo. In più, è meticoloso come un filolo­go tedesco. Mette becco su tutte le pratiche, perché solo lui sa. Pi­gnolo al punto che sulla porta dell’ufficio – di tutti gli uffici che ha avuto nella vita – scrive il suo nome intero: «Piero Franco Ro­dolfo Fassino». È così da sem­pre. Nelle assise di partito – dal Pci, al Pds, Ds, Pd – controllava prima del via la disposizione di sedie, luci, microfoni. In casa, deve essere lui a sparecchiare e riempire la lavastoviglie in base a un proprio metodo, mentre ad Anna Serafini, la moglie – la se­conda, la prima era una giornali­sta, Marina Cassi- è lasciato il go­verno dei fornelli e lo sforno di torte di castagne e altrespeciali­tà dell’Amiata di cui è originaria.
Anna è stata anche lei parlamen­tare del Pci e sigle successive per ben cinque legislature che ag­giunte alle altrettante che Piero ha trascorso a Montecitorio fan­no, a occhio e croce, una pensio­ne di ventimila euro del nucleo familiare (non hanno figli).
Di famiglia benestante – il pa­dre­era concessionario dell’Agi­pgas per il Piemonte grazie a En­rico Mattei, mitico patriarca del­l’Eni, suo compagno nella Resi­stenza – Piero ha frequentato il Classico dai Gesuiti e si è laurea­to in Scienze politiche alle soglie dei cinquant’anni, nel 1998. «Ho ripreso un percorso inter­rotto nel 1971 per la politica. Fa parte della mia etica non lascia­re una cosa a metà», spiegò. L’educazione cattolica gli è rima­sta. È credente e segue, sia pure laicamente, i dettami della Chie­sa. Così, si è dichiarato contrario all’eutanasia e all’adozione di bambini da parte di coppie gay. Politicamente è equilibrato e ha insultato il Cav con parsimonia tanto da stizzire Nanni Moretti che sbottò: «Con questi dirigen­ti non vinceremo mai» riferito a lui allora segretario Ds (lo è stato dal 2001 al 2007). Sul Piero che fu ci sarebbe molto altro da ricor­dare, compresa – ma eviterò di farlo- la famosa telefonata: «Ab­biamo una banca?». Il nocciolo è che Torino ha un sindaco de­cente e io, da romano male am­ministrato, la invidio. 

Gestione cookie