ROMA – “L’obiettivo resta il sì dell’Aula di Palazzo Madama alla riforma del Senato entro il 25 maggio”. Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme, la mette così. Un obiettivo, non più un dovere, un auspicio, non più una promessa. E della necessità elettorale: perché l’eliminazione di Palazzo Madama così come lo conosciamo ora è un provvedimento di cui il premier ha bisogno per poterselo giocare alle europee.
Il punto è che non è certo di riuscire nell’intento. Le difficoltà, infatti, sono superlative: i tempi sono strettissimi, i numeri risicatissimi e le tensioni nella Camera Alta moltissime.
Scrive Wanda Marra sul Fatto:
Ieri, intanto, la Commissione Affari costituzionali ha respinto le pregiudiziali di incostituzionalità, presentate da Francesco Campanella per gli ex grillini e da Vito Crimi per i pentastellati “doc”. Il primo voto sulle riforme. E siamo al 16 aprile. Anna Finocchiaro ha dato tempi strettissimi per l’esame, ma se c’è qualsiasi tipo di intoppo la riforma si incaglia. Ora è iniziata la maratona della discussione generale, a cui sono iscritti un centinaio di senatori, con tanto di seduta notturna ieri sera, che proseguirà per la settimana dopo Pasqua.
L’esame del testo dovrebbe iniziare in Commissione il 29 aprile, passare al suo esame e poi arrivare al voto dell’Aula. Teoricamente, ci si può riuscire. Praticamente è molto difficile. È vero che Forza Italia ha dimostrato tutte le intenzioni di rispettare l’accordo, ritirando ieri 50 dei suoi oltre 60 iscritti a parlare. Ma sulla sua tenuta i dubbi restano obbligati. Scontato l’ostruzionismo dei grillini. Tanto che i Dem cominciano a ragionare sul fatto che se alla fine i tempi rallentano si può dare la colpa a loro. Insomma, quando le cose si dovessero mettere male si potrà sempre addossare ai Cinque Stelle la volontà di far fallire le riforme.
Sono 50 le proposte di legge (51 con quella del governo) e il 29 i relatori (Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli) dovranno presentare un testo base: presumibilmente quello del governo oppure un “testo unificato” che recepisca già qualche indicazione maggioritaria in Commissione. Posizioni divergenti: l’esecutivo vuole che si parta dal suo di testo e i relatori invece spingono per farne un altro. Nodo del contendere, ancora il Senato elettivo (per il quale si è espresso pure Calderoli), che Renzi esclude assolutamente.
IL DISEGNO di legge di Vannino Chiti, che lo mantiene, ha raggiunto le 37 adesioni (21 del Pd, 12 ex M5s, 3 di Sel e 1 di Gal). Ed è arrivato anche un testo dei “malpancisti” di Forza Italia, guidati dall’ex direttore del Tg1, Augusto Minzolini. Anche loro propongono un Senato elettivo e tra le adesioni ci sono anche nomi di provata fede berlusconiana. La Boschi ieri in audizione in Commissione Affari Costituzionali alla Camera ha detto che il governo è aperto a “contributi migliorativi” del suo testo, per esempio sui 21 senatori di nomina quirinalizia, che potrebbero venire eliminati, ma ha ribadito i punti fermi, tra i quali il principio che il Senato sia composto da rappresentanti delle Regioni senza indennità. E dunque, non eleggibili. Ce n’è abbastanza per aspettarsi guai e intoppi. Non a caso lo stesso Renzi ha lasciato trapelare che un sì anche solo in Commissione prima del 25 maggio potrebbe essere già un risultato. Un modo per mettere le mani avanti (…)