ROMA – Il Consiglio superiore della magistratura ha aperto un procedimento informativo sull’operato del procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati. Questa volta non c’entra il conflitto con l’aggiunto Alfredo Robledo, ma c’entra il “caso Forleo”. La Procura generale di Milano è al lavoro per preparare una relazione sui comportamenti di Bruti Liberati nei confronti di Clementina Forleo, nel 2007 giudice delle indagini preliminari a Milano. A chiederla è stato il Csm, dopo un articolo uscito sul Fatto Quotidiano.
Scrive il Fatto Quotidiano:
Il 21 giugno 2014, Bruno Tinti ricapitolava sul Fatto la vicenda dell’indagine sulle scalate bancarie dei “furbetti del quartierino”. Nelle intercettazioni dell’inchiesta, erano state registrate anche le voci di due parlamentari Ds, Massimo D’Alema e Nicola Latorre, che parlavano con i “furbetti” indagati. Il gip Forleo aveva allora chiesto alla Camera e al Senato l’autorizzazione a poter usare le loro telefonate, sostenendo che dimostravano la “consapevole complicità” dei due politici e che sarebbero state utili per iscriverli nel registro degli indagati. Risultato: “L’intero mondo della politica aggredisce Forleo”, scrive Tinti. “Il presidente della Repubblica inaugura le sue interferenze processuali: ‘I giudici usino toni sobri e non esorbitanti dalla materia che si trovano ad affrontare’. Comincia la via crucis della poveretta, condannata disciplinarmente dal Csm e poi trasferita d’ufficio. Poi la Cassazione e il Tar”, prosegue Tinti, “faranno giustizia delle ingiustizie”.
Alla fine Forleo tornerà a Milano. Ma intanto succede ciò su cui il Csm chiede oggi delucidazioni alla Procura generale. Attenti alle date. La Camera, di cui faceva parte D’Alema, risponde al gip nell’ottobre 2007. Il Senato, a cui apparteneva Latorre, manda la sua risposta nel maggio 2008: ma non all’ufficio di Forleo, bensì a quello di Bruti Liberati, presso la Procura di Milano, che la riceve e, scrive Tinti, “la chiude nel suo cassetto. I mesi passano, Forleo non sa nulla della risposta del Senato, la procura non adotta alcun provvedimento nei confronti di Latorre”. Il Csm aveva intanto deciso, il 22 luglio 2008, di trasferire la gip: deve andarsene da Milano il 1° ottobre. Il giorno dopo la decisione del Consiglio, il 23 luglio, Forleo si mette in malattia, annunciando che rientrerà il 2 agosto. Ecco che entra allora in azione Bruti: il 29 luglio, “la risposta del Senato viene estratta dal cassetto e inviata all’ufficio gip”.
Non a Forleo, che sarebbe tornata tre giorni dopo, ma a Piero Gamacchio, gip di turno “per le urgenze”, scrive Tinti. “Cioè, la missiva rimasta tre mesi nel cassetto diventa improvvisamente urgente, non può attendere tre giorni, fino al 2 agosto, bisogna provvedere subito”. Così Forleo non ha mai visto la risposta che aspettava, mentre Gamacchio decide di rispedire la richiesta al Parlamento, perché intanto ci sono state le elezioni e la giunta per le autorizzazioni ha cambiato composizione. Conclude Tinti sul Fatto: “La recidiva è un’aggravante”. Si riferisce al comportamento di Bruti, che avrebbe a suo dire tenuto la risposta del Senato in un cassetto proprio come, qualche anno dopo, ha “inguattato il fascicolo Sea-Gamberale”, tolto a Robledo.Dopo l’articolo del Fatto, il consigliere del Csm Antonello Racanelli (di Magistratura indipendente) chiede che la sezione disciplinare del Consiglio superiore apra un procedimento a carico di Bruti. Il Csm sceglie, a maggioranza, una procedura più blanda: apre un’istruttoria conoscitiva sul caso, chiedendo una relazione sui fatti alla Procura generale di Milano. Ora sarà il procuratore generale Manlio Minale a dover rispondere. Di questa partita, come della vicenda Robledo, si dovrà occupare il nuovo Csm appena insediato.
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