ROMA – C’è un rischio trappola per i risparmiatori italiani. Ed è legato al ventilato aumento della tassazione sulle rendite finanziarie. Una novità che per certi versi sarà retroattiva, per altri, se non gestita con attenzione, rischia di far perdere quattrini a chi ha investito con un regime, e se ne trova un altro.
Il tema riguarda un po’ tutto, esclusi solo i buoni postali, i titoli di Stato e i prodotti a questi equiparati, per i quali l’aliquota resta al 12,5%. Il resto verrà tassato, sembra, dall’attuale 20, al 26%. Parliamo di capital gain su azioni, obbligazioni e fondi comuni; le cedole e i dividendi azionari. Fondi pensione e risparmio previdenziale dovrebbero godere di un’aliquota separata e pari all’11%. Mentre i dubbi (tra i tanti) riguardano anche la tassazione degli interessi dei conti correnti e dei conti deposito, attualmente tassati al 20.
Scrive Cinzia Meoni sul Giornale:
Da ieri si sa che la tassa aumenterà. Ma per ora regna la totale incertezza sulle modalità che saranno adottate. Nel frattempo, chi può tira i remi in barca e, forte anche dei recenti rialzi delle Borse, porta a casa i guadagni accumulati godendo di un regime fiscale migliore rispetto a quello che, presumibilmente, entrerà in vigore dal primo luglio. A due mesi e mezzo dall’ipotetico nuovo salasso, le fonti ufficiali tacciono.
Gli unici attivi sono i consulenti finanziari, che mettono i propri clienti di fronte, da un lato, allo spettro della «retroattività »della tassazione,e dall’altro all’esperienza pregressa: l’ultimo aumento dell’aliquota dal 12,5 al 20% avvenuto con il governo Monti tra il 31 dicembre 2011 e il primo gennaio 2012. E consigliano un check dei «portafoglio», prima che sia troppo tardi. Quindi: come difendersi? Risposte risolutive non ce ne sono, nonostante i tempi stretti. Ma ecco, su cinque punti critici, quello che potrebbe avvenire, sulla base dell’ultimo aumento del 2012.
Si tratta dei capital gain maturati, ma non ancora realizzati con la vendita del titolo. Vincenzo Longo, market strategist di Ig: «L’aliquota salirà al 26% a prescindere dal periodo di maturazione degli interessi e delle plusvalenze inerenti al titolo previsto. Potrebbe quindi rivelarsi una soluzione vincente considerare un’uscita strategica a ridosso delle date di passaggio, per poi eventualmente considerare un rientro selettivo». Sempre che le commissioni e la tobin tax rendano l’operazione conveniente. In altri termini: chi sta guadagnando 1000 euro in valuta 30 giugno, tassati al 20%, se vende dalla valuta 1 luglio in poi se li trova tassati al 26%: 60 euro di salasso retroattivo ogni 1000. Questa è la trappola. Per evitarla il risparmiatore deve o vendere prima del 30 giugno; oppure stare attento e chiedere alla propria banca di «affrancarsi»: due anni fa il legislatore aveva previsto un periodo di tre mesi per attuare il cosiddetto affrancamento, ovvero una sorta di congelamento del portafoglio ai prezzi dell’ultimo giorno del vecchio regime, sul quale calcolare le eventuali plusvalenze latenti da tassare alla vecchia aliquota fiscale. Ma attenzione: l’affrancamento vale sull’intero portafoglio (non era data la possibilità di scelta sui singoli asset a cui applicarlo). Qualora anche questa volta dovesse essere previsto un simile procedimento è meglio organizzarsi per tempo, sia perché non è conveniente affrancare titoli in perdita, sia perché affrancare plusvalenze latenti potrebbe non essere conveniente (infatti si assoggetta ad una tassa un guadagno non ancora realizzato).
In genere le cedole sono sempre state tassate alla data dello «stacco» e con la legislazione vigente all’incasso, a prescindere dalla data di maturazione e dalla data di delibera da parte dell’emittente.
Il problema, come spiega ancora Longo, è questo. «Se il 30 giugno ho già realizzato minusvalenze per 10mila euro, possocompensarle con plusvalenze fino a quell’importo. Ma dal primo luglio l’innalzamento dell’aliquota abbasserà la mia minusvalenza compensabile. La nuova minus sarà pari alla percentuale data dal rapporto delle due aliquote». Dunque: 20/26, pari al 76,92%. In altri termini la minus di 10mila verrà svalutata a 7.692 euro. Per questo Longo conclude: «Se un investitore ha minusvalenze da compensare e ha attualmente operazioni in profitto, a maggior ragione gli conviene chiudere le posizioni entro il 30 giugno».