BAGHDAD – Dopo Bill Clinton e George Bush, l’Iraq impantana Barack Obama. In soccorso di Baghdad, assediata dai jihadisti sunniti dello Stato islamico dell’Iraq e della grande Siria (o Levante – Isis o Isil), arriva anche Teheran. Ma per Washington è una situazione imbarazzante: gli Stati Uniti sono storicamente alleati dell‘Arabia Saudita, anti-jihadista ma sunnita. E non sono certo amici dello sciita Iran.
Sul Fatto Quotidiano Giampiero Gramaglia analizza la situazione, chiarendo subito che
“Di restarci impantanato, Barack Obama non ha nessuna intenzione: Ma non può neppure accettare la prospettiva di ritrovarsi, alla fine della sua presidenza, con due Jihadistan là dove gli Stati Uniti avevano, al suo ingresso alla Casa Bianca, una presenza militare da potenza occupante”.
La soluzione ideale, o almeno meno scomoda, per Obama e per l’Occidente, sarebbe che il premier al Maliki, forte dell’appoggio iraniano, riscatti un decennio d’ignavia e ricacci le milizie qaediste dalla Valle del Ninive. Ma anche questo scenario sarebbe gravido di conseguenze sugli equilibri della Regione. In questo contesto, appare ottimista l’analisi del ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, secondo cui è possibile immaginare un nuovo assetto di tutta l’area, in cui l’Italia avrebbe un ruolo da giocare”.
Intanto Washington schiera i propri mezzi, ma col contagocce:
“L’offensiva jihadista poteva essere prevista, ma non lo è stata. Militarmente, la Casa Bianca spera di cavarsela con il minimo sindacale: l’invio di droni, che, però, devono ancora dimostrarsi efficaci per arrestare l’avanzata di un esercito, per quanto irregolare, ed eventualmente raid aerei contro lo Stato islamico dell’Iraq e della grande Siria (o Levante – Isis o Isil).
Washington può contare su un’imponente panoplia di forze aero-navali nel Golfo Persico. Infatti, con l’invio della portaerei nucleare George H. W. Bush e del suo gruppo navale, dove ci sono un incrociatore e un cacciatorpediniere lanciamissili, sono ora due le grandi unità della classe Nimitz in quelle acque. La Bush ha raggiunto l’unità gemella Harry Truman, di stanza a Manama in Barhein dove ha sede il comando della V Flotta. Nel Golfo c’è anche la grande base aerea della Us Air Force “Al Udeid”, poco fuori Doha, in Qatar, con decine di caccia-bombardieri e aerei di diverso tipo e un totale di 10.000 uomini”.
Nel frattempo l’avanzata delle milisie dell’Isis verso Baghdad parrebbe frenata dagli sciiti di Muttassim.
“Nella contesa Tikrit, le forze di sicurezza avrebbero ‘giustiziato’ 50 ex baathisti, il partito sunnita del regime di Saddam. E, al confine con la Siria, un’esplosione avrebbe ucciso una trentina di “terroristi”. A Kirkuk, presa dai curdi, fonti cristiane parlano di “guerra civile”. E l’Onu aggiorna i dati dell’emergenza umanitaria: sono già un milione gli sfollati. Il quadro è tragico. Ma Obama cade lo stesso nella trappola del golf: come Bush, e prima Clinton, va a farsi qualche buca, mentre il mondo brucia. I critici, non solo repubblicani, lo sbranano”.