ROMA – “La cosa nero-verde è un cantiere alle battute conclusive – scrive Carmelo Lopapa di Repubblica – Per il grande lancio manca l’imminenza di una campagna elettorale, ma il sogno dei registi italiani che ci lavorano da un paio di mesi è che l’appuntamento sia ravvicinato, magari nella primavera 2015″.
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“Modello Le Pen” in salsa tricolore e un ponte già aperto con la leader francese del Front National.
La guerra dichiarata all’ondata migratoria, all’operazione “Mare Nostrum”, all’“Europa dei burocrati e dei banchieri” a fare da cemento per la costruzione dell’edificio. Matteo Salvini e Giorgia Meloni i big sponsor del partitone che nel giro dei prossimi mesi potrebbe abbracciare tutto ciò che si muove alla destra di Forza Italia, abbandonando proprio Berlusconi al suo destino. Quindi, partiti minori e movimenti satelliti, dalla Destra di Storace a Casa Pound. L’obiettivo è chiaro: trasformare appunto i satelliti in un unico grande pianeta che prenda il posto (e le percentuali) della vecchia Alleanza nazionale.Il giovane leader del Carroccio ha fiutato per primo il colpaccio, non solo guardando Oltralpe. L’altro giorno ha fatto notizia la sua visita ai giovani di Casa Pound nel palazzo occupato nel quartiere Esquilino di Roma, in via Napoleone III. Un abbraccio non casuale, del resto. Loro, gli “irregolari” di destra, hanno sostenuto alle Europee la candidatura del leghista Mario Borghezio nella circoscrizione finora inaccessibile del Centro, regalandogli l’elezione a sorpresa con 5.837 preferenze. Ma il vero tandem Salvini lo sta costruendo — anche per ragioni generazionali — con Giorgia Meloni, miss 350 mila preferenze alle ultime Europee, rimasta fuori per quel soffio che ha inchiodato Fratelli d’Italia (3,7 per cento) appena sotto lo sbarramento.
Ma adesso i due hanno aperto una pagina nuova. «Se si votasse domani il centrodestra non esisterebbe e io andrei solo con Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni» si è sbilanciato il 20 settembre scorso il capo del Carroccio giusto da palco di Atreju, la festa dei giovani di FdI. Con la padrona di casa che plaude alla «grande apertura: con la Lega condividiamo molte cose», pur puntualizzando che per loro il tema dell’unità nazionale sarebbe ancora «imprescindibile». Dettagli. Tant’è che la prova generale del “Modello Le Pen” ha già un primo appuntamento ufficiale in agenda, il prossimo sabato 18 ottobre. I due leader giurano che non l’hanno concordato, ma tanto la Lega a Milano quanto FdI a Reggio Calabria celebreranno quel giorno un anno di “Mare Nostrum” per attaccare ad alzo zero «l’invasione di immigrati clandestini» resa possibile dall’operazione di salvataggio nel Mediteranneo. I due, a parte le foto con calice in mano postate su Twitter, non fanno mistero di sentirsi quasi ogni giorno. Le campagna euroscettiche le discutono insieme, sulle politiche dell’immigrazione vanno a nozze. «Sono più le cose che ci uniscono che quelle che ci dividono, ma tutto dipenderà da quanto Matteo spingerà sull’acceleratore del secessionismo» ha spiegato la Meloni rassicurando quei colleghi, da La Russa ad Alemanno, che osservano con un pizzico di scetticismo. La grossa partita sarà quella delle prossime Politiche, ma le Regionali di primavera sono più vicine. «E i numeri giocano dalla nostra parte » rilanciano tanto l’europarlamentare Salvini quanto la deputata Meloni. La Lega continua a lievitare, il sondaggio Euromedia di due giorni fa per “Ballarò” la quotava al’8, FdI al 4,2, insieme oltre il 12 per cento. Il sogno comune è la soglia immaginifica del 15, soprattutto se il cantiere verrà aperto.
«Io posso essere interessato solo se è Giorgia a farsi promotore di un processo di aggregazione — mette le mani avanti Francesco Storace, fondatore de La Destra — Farmi rappresentare in Europa da Borghezio non è che mi abbia fatto impazzire. Il fatto è che per ora, come si dice a Roma, siamo al “caro amico”, tutto è frastagliato, intorno vedo solo casino». Più sensibili i movimentisti di Casa Pound. I giovani romani che di tanto in tanto occupano edifici da affidare «solo ad italiani» hanno accolto Salvini come un leader. «Lo abbiamo voluto incontrare perché condividiamo quel che dice, dal no Euro al no immigrazione, come il ritorno alla sovranità dei popoli sono temi di battaglia a noi cari» spiega Simone Di Stefano, vicepresidente di Casa Pound Italia (un condanna a tre mesi in casella giudiziaria per aver rubato la bandiera Ue dalla sede istituzionale romana». Il braccio destro di Gianluca Iannone, leader riconosciuto del movimento, però distingue: «Ci interessa meno dialogare con gente come la Meloni o La Russa o Alemanno già ministri del caso Marò o sindaci nei quali non ci siamo identificati affatto». Meglio dialogare con la Lega. La cosa “nero-verde” può prendere il largo.