ROMA – “Una Leopolda – scrive Fabio Martini sulla Stampa per disegnare la Rai del futuro, ma raccontata e immaginata dai migliori protagonisti della vecchia Rai”.
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Questa mattina – a partire dalle ore 9 – su idea e propulsione di Luigi De Siervo (l’unico amico di Matteo Renzi in Rai) nel Centro di Produzione di via Teulada, va in scena la convention «Cento parole per dire Rai», che ha l’ambizione di tracciare il futuro di un’azienda assai bisognosa di cure, evento che nelle settimane scorse è stato ribattezzato (con l’assenso silenzioso dei suoi promotori) la «Leopolda della Rai». Alludendo così ad una kermesse che, per la freschezza delle proposte e dei partecipanti, dovrebbe prefigurare la tv pubblica della stagione renziana, proprio come aveva fatto in campo politico la Leopolda di Firenze, dove per tre anni si erano succeduti sul palco personaggi e provocazioni fuori dal coro della sinistra tradizionale.
I relatori, che saranno tenuti ad interventi di non oltre 5 minuti, come nella vera Leopolda, sono alcuni dei più gloriosi esponenti dell’azienda del tempo andato e di quello presente: la Rai degli albori (interverrà il mitico direttore generale Ettore Bernabei), la Rai degli anni Settanta (Gianni Minà), quella degli anni Ottanta (Angelo Guglielmi) quella di sempre (Bruno Vespa), quella più recente (Antonella Clerici, Fabio Fazio, Giovanni Floris) e chiuderà i lavori sul far della sera il direttore generale Luigi Gubitosi. Difficile immaginare se basterà il previsto messaggio di Dario Fo per conferire una spruzzata trasgressiva all’evento che peraltro ha il vantaggio di essere stata concepita nel momento «giusto».
Dopo anni di declino trascorsi nell’inedia da parte dell’azienda e di tutte le forze politiche, la recente scossa lanciata dal premier con l’annuncio di un taglio di 150 milioni al bilancio, ha prodotto effetti a catena: lo sciopero indetto (e poi ritirato) dal sindacato giornalisti, le dichiarazioni sferzanti di Renzi sugli sprechi aziendali, le repliche puntute di una star della Rai, come Floris. Effetto finale di questa fiammata è stato il riaccendersi di un dibattito sul futuro della Rai, tanto più nella previsione del rinnovo anticipato della Convenzione in scadenza nel 2016.
Ecco perché si è creata curiosità attorno al convegno voluto da De Siervo, neo-presidente della Associazione dirigenti Rai. Un apprendistato giovanile nello studio Mills di Londra, De Siervo ha fama di essere un dirigente dinamico, che si è fatto le ossa nel campo dei diritti sportivi, ma che soprattutto è l’interprete più accreditato del nuovo corso renziano in casa Rai. E quanto al presidente del Consiglio in poche settimane ha già delineato quel che sarà la «Rai di Renzi». Un’azienda profondamente diversa dall’attuale. Anzitutto, esibita separazione dei poteri: Renzi ha rifiutato di incontrare la presidente e il direttore generale e d’altra parte non risulta che finora abbia fatto una sola telefonata di sollecito o di critica, a dispetto di una suscettibilità personale oramai proverbiale. Nella concezione renziana la Rai deve essere un vero servizio pubblico, un’azienda che se si chiude al cambiamento, fa il peggiore spot per sé stessa; la ripartizione in tre reti è anacronistica; sulla governance, carte coperte, con una preferenza per il modello Bbc, nelle mani di una Fondazione che rappresenta chi paga il canone, un contesto che porterebbe alla abolizione della Commissione di vigilanza. Per il fondamentale rinnovo della Convenzione, sintonia con la proposta del sottosegretario Giacomelli di non lasciare la questione al circuito dei soliti noti, ma di aprire una discussione pubblica online. Per il canone, Renzi dovrebbe approdare ad uno slogan del tipo: «pagare meno, pagare tutti».