ROMA – La partita del Quirinale, ragiona Matteo Renzi, è servita a dimostrare a tutti che il patto del Nazareno non nasconde accordi indicibili. È un accordo per fare le riforme, niente più. Quindi, sulle prossime scelte, decreto fiscale compreso, nessuno dovrà azzardasi a chiedergli prove di autonomia da Silvio Berlusconi. Ragione per cui, è possibile che ci sia quella norma che è stata ribattezzata “salva Berlusconi”, ma che lo stesso premier ha rivendicato. Una mano a tesa al Cavalire? Quello che è certo è che la linea non cambia.
Scrive Elisa Calessi su Libero:
Le riforme bisogna farle con tutti, a cominciare da Forza Italia. Questi i ragionamenti che il premier faceva ieri coi suoi collaboratori, il giorno dopo l’innegabile successo dell’elezione del presidente della Repubblica. Ora, però, il problema è recuperare il rapporto con Forza Italia, alleato ancora indispensabile per completare il processo delle riforme. Alla Camera dei deputati, infatti, dovrà essere approvata in via definitiva la legge elettorale. È vero che qui il Pd, a differenza del Senato, ha un’ampia maggioranza. Ma la minoranza Pd è pronta a dare battaglia. «Il “metodo Quirinale”», ha detto ieri Cesare Damiano, «non deve rimanere uno spot, ma essere esteso al dibattito sulle riforme». Dunque, «il confronto e la ricerca dell’unità, in primo luogo nel Partito Democratico, sono la premessa indispensabile per individuare gli ulteriori compromessi e le soluzioni con le altre forze di maggioranza». Niente testi blindati, quindi. Si dovranno trovare «ulteriori compromessi» dentro il Pd. Renzi spera sul fatto che è interesse anche di Berlusconi non stravolgere l’Italicum.
Ma il caos dentro il partito azzurro potrebbe condizionarlo. C’è poi la riforma del Senato. E anche su questo provvedimento Forza Italia si è rivelata, più di una volta, decisivo, si ammetta tra i fedelissimi del premier. Senza contare che, se si rompesse il patto del Nazareno, gli azzurri «potrebbero contribuire ad allungare i tempi». Cosa che finora non hanno mai fatto. E non ci sono solo le riforme istituzionali. Altro dossier che preoccupa Palazzo Chigi è il provvedimento sulla scuola, che dovrebbe cominciare il suo iter a fine febbraio. Doveva partire dal Senato, ma si sta pensando di cominciare dalla Camera per evitare che si fermi fin dall’inizio. Nella commissione Cultura di Palazzo Madama, infatti, siedono i civatiani Walter Tocci e Corradino Mineo, sul piede di guerra. Per tutte queste ragioni la parola d’ordine, ora, è recuperare il soldato Silvio (Berlusconi). Perciò è importante il segnale arrivato, ieri, dal ministro Maria Elena Boschi. All’Arena di Massimo Giletti, a proposito del decreto fiscale che contiene la norma sull’evasione che finirebbe per annullare la condanna di Berlusconi, ha detto: «Non credo che possiamo fare o non fare una norma, che riguarda 60 milioni di italiani, perché c’entra o meno Berlusconi. Così si resta fermi agli ultimi 20 anni…». Come dire che quell’emendamento, peraltro rivendicato dal premier, non verrà cancellato solo perché ha a che fare con il Cavaliere (…)