ROMA – “Chiamparino Settepoltrone”, questo il titolo dell’editoriale a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano del 14 gennaio:
Dunque, sempreché il centrodestra non riesca a resuscitare Cavour o Giolitti o Einaudi (che peraltro difficilmente accetterebbero di mischiarsi a questa banda), Sergio Chiamparino sarà il prossimo presidente della Regione Piemonte. Le elezioni saranno una pura formalità, così come le eventuali primarie del Pd (che probabilmente non si faranno, in barba allo statuto): nessun rivale interno può vantare la sua notorietà, la sua rete di potere e la stampa genuflessa ai suoi piedi.
Il Reuccio della Mole ha già ricevuto l’investitura del segretario Matteo Renzi, che lo volle accanto a sé due anni fa alla Leopolda e l’anno scorso lo fece votare dai suoi nei primi scrutini delle presidenziali contro Marini. E questa è la prima stranezza: ma come, il Rottamatore che ha liquidato D’Alema e Veltroni vuole rifilare ai piemontesi questo vecchio dinosauro, più anziano sia di D’Alema sia di Veltroni, che oltretutto da due anni fa il banchiere come presidente della Compagnia di San Paolo, cioè della fondazione che controlla Intesa, il primo gruppo bancario italiano? D’Alema è nato nel 1949, Veltroni nel ’55, Chiamparino nel ’48. Tutti e tre hanno iniziato a fare politica nel Pci nei primi anni 70 come consiglieri comunali: Max nel ’71 a Genova, Uòlter nel ’76 a Roma, Chiampa nel ’75 a Moncalieri.
Chiamparino Settepoltrone ha poi collezionato quelle di: segretario regionale della Cgil, segretario provinciale del Pds, consigliere comunale a Torino, deputato del Pds (dal 1996, dopo l’umiliante trombatura del ’94 a Mirafiori contro il berluschino Meluzzi), sindaco dal 2001 al 2011 e, appunto, banchiere elegantemente nominato da Piero Fassino, suo successore a Palazzo di Città. È stato dalemiano, poi veltroniano (responsabile Riforme della segreteria Veltroni e ministro del suo “governo-ombra”), poi franceschiniano, infine renziano. Immunizzandosi dalla rottamazione. E così, se il Piemonte voterà a maggio – cioè se il Consiglio di Stato non sospenderà né annullerà la sentenza del Tar che ha mandato a casa Roberto Cota detto “Mutande Verdi” ed eletto con firme false – Torino completerà il suo tragicomico ritorno al passato (…)
Nel 1984, mentre lo scandalo Zampini (una delle prime Tangentopoli) terremotava la giunta rossa Pci-Psi, coinvolgendo anche il capogruppo del Pci Giancarlo Quagliotti e il ras del Psi Giusy La Ganga, Fassino era consigliere comunale e Chiamparino capo del dipartimento economico del partito. Nel ’93 i loro nomi fecero capolino nella Tangentopoli doc, per l’appalto del nuovo ipermercato LeGru nella rossissima Grugliasco (mirabile inciucio fra coop rosse e Standa berlusconiana), accanto a quelli del compagno Primo Greganti e del manager Fininvest Aldo Brancher. Sia Sergio sia Piero furono interrogati come testimoni. Non è dato sapere a che titolo si occupassero di centri commerciali (…)
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