Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Monito ergo sum”

fatto 20 nov
Il Fatto Quotidiano del 20 novembre

ROMA – “Monito ergo sum”, questo il titolo dell’editoriale di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 20 novembre:

Solo nelle Repubbliche delle banane, e forse neppure più in quelle, il capo dello Stato plaude a una decisione dei magistrati sul conto di un ministro nominato da lui. Qualunque essa sia. Infatti Giorgio Napolitano ha applaudito alla decisione della Procura di Torino di non indagare la ministra della Giustizia Anna Maria Cancellieri per false dichiarazioni al pm e di inviare il fascicolo intonso alla Procura di Roma, competente per territorio in quanto le dichiarazioni al pm sono state rilasciate nell’ufficio del ministro, in via Arenula, nella Capitale.

È una delle interpretazioni possibili delle norme procedurali: i pm torinesi avrebbero anche potuto iscrivere la ministra e poi inviare l’incartamento a Roma, ma così avrebbero orientato un’indagine comunque destinata altrove; dunque hanno ritenuto preferibile che fossero i pm che dovranno svilupparla e concluderla a valutare eventuali reati nelle parole della Cancellieri. Non è né un favoritismo, né uno scaricabarile: è una scelta squisitamente tecnica. Del resto, se i pm torinesi avessero voluto favorire la ministra, avrebbero potuto usare altri strumenti consentiti dalla procedura: per esempio quello di non interrogarla subito come teste sulle sue telefonate con la famiglia Ligresti; e soprattutto quello di stralciarle e magari distruggerle in quanto non penalmente rilevanti. Invece le hanno giudicate utili a descrivere lo strapotere di cui tuttoggi i Ligresti godono nel Palazzo, dunque le loro potenzialità di inquinamento probatorio. E le hanno allegate agli atti depositati alle parti, rendendole conoscibili (…)

Infatti l’altro giorno La Stampa ha dato voce ad anonime ma autorevoli fonti del ministero (che infatti non le ha smentite), che accusano i pm torinesi di: 1) non aver “distrutto” le telefonate;

2) in alternativa non aver chiesto al Senato l’autorizzazione a utilizzarle;

3) non aver inviato il fascicolo al Tribunale dei ministri; 4) in subordine non aver sentito la Cancellieri come indagata, con l’avvocato accanto e la facoltà di non rispondere. Un pizzino intimidatorio e anche un po’ ricattatorio, visto che è partito dai fedelissimi del ministro titolare dell’azione disciplinare contro i magistrati e del potere ispettivo.

In realtà: 1) le telefonate sono state conservate e depositate in quanto penalmente rilevanti per i Ligresti, mentre per la Cancellieri lo sono politicamente e moralmente; 2) non occorre alcun permesso del Parlamento per usare le intercettazioni indirette di un ministro non parlamentare; 3) la falsa testimonianza non è affare da Tribunale dei ministri, visto che mentire ai pm non rientra fra le funzioni ministeriali; 4) prima della testimonianza della ministra, era impossibile ipotizzare una falsa testimonianza, dunque era sacrosanto sentirla come teste e non come indagata. Eppure i pm subalpini passano, nell’immaginario collettivo, per delle marionette al servizio della Cancellieri e del suo alto protettore che siede sul Colle. È il bel risultato del comunicato di Napolitano che “apprezza” – chissà mai a che titolo – “la chiarezza e il rigore” della Procura di Torino (…)

I commenti sono chiusi.

Gestione cookie