ROMA – Paolo Scaroni, presidente dell’Eni, è “entusiasta” di Matteo Renzi. Anche Carlo De Benedetti e la sua Repubblica. Più cauti sul giudizio il Corriere della Sera, il banchiere Giovanni Bazoli e il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. Marco Palombi sul Fatto Quotidiano, entra nel dettaglio e distingue i “poteri forti” favorevoli al segretario Pd, quelli contrari e quelli ancora prudenti.
“Ovviamente basta aspettare e arriveranno tutti. S’intende i poteri forti, deboli o in via di putrefazione che s’agitano dentro la Penisola, italiani o meno che siano. Arriveranno alla esaltazione del nuovo giovane e velocissimo principe, al racconto agiografico sui loro giornali, al magnificat di opere e omissioni del nuovo salvatore della patria. Se il Corriere della Sera – organo dei governi di salute pubblica alla Napolitano – ancora s’attarda sulla “anomalia italiana” (ma avvertendo tuttavia che “ormai è inutile scandalizzarsi”). Se il grande vecchio Giovanni Bazoli ancora scruta i segni nel cielo per capire se ci sia da fidarsi o meno, se il buon Giorgio Squinzi non riesce ancora a capire come iniziare il laudamus, se lo stesso Romano Prodi non si espone, scisso tra il cadavere del figlioccio Enrico Letta e il nuovo segretario (nota bene: “non esprimo giudizi, fino a prova contraria sono solo un pensionato”). Se c’è chi s’attarda, si diceva, altri sono già arrivati a corte per tempo e altri ancora già varcano la soglia.
Carlo De Benedetti – con qualche discrasia polemica come sulla “Google tax” – e la sua Repubblica nemmeno a dirlo: Renzi l’hanno inventato loro. Il presidente dell’Eni in cerca di riconferma, Paolo Scaroni, è quasi impudico nell’esibizione dei suoi sentimenti: “Quel che mi piace di Renzi è la sua volontà di agire e di agire velocemente: ha impeto, è davvero una persona che vuole riformare il Paese”. La velocità, d’altronde, è tutto.
Nikolaus Keis, economista del lato tedesco di Unicredit, già giovedì sera spiegava che l’avvento del sindaco “è una buona notizia, perché evita le elezioni anticipate e accelera il passo delle riforme”. Pure Angela Merkel, per bocca del suo portavoce, ieri ha chiesto solo una cosa: “Una soluzione rapida”. Un sostanziale via libera: d’altronde la Cancelliera ha già incontrato Matteo Renzi la scorsa estate.
Ecco, quel rendez-vous berlinese è un caso di scuola per capire il rapporto tra il prossimo premier e il mondo esterno. Renzi non ha legami diretti, lui è l’uomo immagine di se stesso: gira, stringe mani, twitta, arriva in un posto mangia e riparte. Parlargli a lungo è quasi impossibile, consegnargli un appunto di qualche pagina su un argomento, inutile. Per mantenere intatta la sua capacità sportiva di surfare sulle onde dell’opinione pubblica ha bisogno di viaggiare leggero, accorgimento che il nostro non ha finora mai tradito.
Eppure l ‘hardware renziano esiste, solo che è esterno: è il circolo ristretto che gli gestisce il rapporto col mondo, gente di cui si fida e che è l’unica via d’accesso alla sfera appercettiva del candidato a tutto. Sono nomi che già indicano un ambiente, portano ad altri nomi, cointeressenze, incroci: l’avvocato Alberto Bianchi, che presiede la Fondazione Big Bang, il banchiere Cosimo Pacciani (Royal Bank of Scotland), il deputato Yoram Gutgeld (manager ex-McKinsey) e ovviamente l’imprenditore Marco Carrai, “fratello” di Renzi come dice lui, detto Marchino. Ecco, Marchino è l’ambasciatore di Renzi, quello che lo porta in giro: l’unico presente all’incontro con Merkel, il vicino a tavola nel pranzo con Blair, l’uomo in ombra alla convention democratica di Charlotte.
Ma non è solo questo, Carrai: è anche uomo di molteplici rapporti e quelli stanno già festeggiando lo sbarco a Palazzo Chigi. Vicino alla Compagnia delle Opere, amico di Paolo Fresco (già Fiat e, soprattutto, General Electric), “Marchino” è anche socio di Chicco Testa, da ultimo presidente di Assoelettrica, e in un’altra società pure di Marco Bernabè, figlio di Franco, ex capo di Telecom e boiardo di Stato attualmente senza poltrona. La cosa che lo rende particolarmente prezioso, però, sono i legami internazionali: ottimi in Israele e pure con gli americani (vedi Fresco). David Allegranti ha scritto sul Corriere Fiorentino che Carrai ha contatti non episodici anche con Michael Leeden. D’altronde l’animatore del think tank conservatore “American Enterprise Institute” conosce bene l’Italia: il suo nome ricorre nelle inchieste sulla P 2, il caso Moro e altre amenità del genere”.
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