ROMA – “Se lo rifarei? Nonostante tutto, penso di sì. Anche perché credo che trasformerò la sofferenza e la frustrazione in qualcos’altro”. Michela Marzano, filosofa, intellettuale, scrittrice, docente all’università di Parigi, ora deputata del Pd riflette così sulla sua scelta di candidarsi in Parlamento l’anno scorso.
Ecco un estratto dell’intervista rilasciata dalla Marazano a Wanda Marra del Fatto Quotidiano:
Come mai è arrivata in Parlamento?
Mi chiamarono nello stesso giorno prima Enrico Letta, poi Bersani, chiedendomi se ero disponibile a una candidatura. Io risposi di sì, pensando che fosse il modo per portare nell’agenda del palazzo del potere le questioni delle quali fino a quel momento m’ero occupata come intellettuale.
Com’è stato l’impatto?
Per me la sera delle elezioni fu drammatica, ma non inaspettata. Avevo creduto a una vittoria del centrosinistra, ma poi arrivata in Italia per la fine della campagna elettorale capii che era in corso un’emorragia di consensi. Il Pd non era in grado di intercettare la rabbia, la disperazione, la domanda di cambiamento che arrivavano.
E il periodo successivo, l’elezione del presidente della Repubblica, i 101 traditori, come li ha vissuti?
Ho scoperto progressivamente che anche il Pd era intriso dei vecchi meccanismi della politica. È stato uno choc. Come rendermi conto che la scelta di candidare persone nuove, provenienti dalla società civile, a partire da me, dipendeva più dalla voglia di portare delle figurine, che da una reale volontà di cambiamento.
E la nascita del governo Letta?
Dopo i 101 non c’era altra possibilità se non fare quello che non si sarebbe mai dovuto fare, il governo con Berlusconi.
Pensa che questo esecutivo abbia ancora ragione di esistere?
Io mi fidavo e mi fido di Letta, penso anche ora che stia facendo il possibile, ma, come dice Renzi, ci vuole un cambio di marcia.
Lo pensa anche dopo la figura fatta con il ritiro del salva Roma su richiesta di Napolitano?
Ho sperato che sarebbe stato ritirato domenica scorsa e invece ci hanno chiesto la fiducia. Averlo revocato è stata la scelta giusta. Certo il governo avrebbe dovuto farlo prima, di sua sponte (…)