I nuovi senatori? Tutti rossi. Marco Gorra, Libero

La prima pagina di Libero: "Ecco i senatori di Renzi"
La prima pagina di Libero: “Ecco i senatori di Renzi”

ROMA – Il nuovo Senato di Matteo Renzi ha gettato nel panico la destra e Libero dà voce alla preoccupazione con un editoriale di Maurizio Belpietro e un articolo di Marco Gorra che mete in fila nome per nome, la nuova composizione del Senato: Il titolo dà l’idea: “I nuovi senatori? Tutti rossi”:

Il nuovo Senato delle Autonomie, giurano dal governo i padri dell’epocale riforma, sarà molte cose: sarà snello, sobrio, rappresentativo, moderno. Ma sarà anche e soprattutto – nonostante su questo la propaganda di Palazzo Chigi comprensibilmente taccia – un Senato rosso.

L’assemblea di Palazzo Madama che verrà partorita dalla riforma appena licenziata dal governo Renzi, infatti, promette di essere fortemente orientata a sinistra. E per fortemente si intende una maggioranza dei due terzi. Per rendersene conto, basta vedere come sarebbe la proiezione della composizione del Senatomodello Renzi” se oggi la legge voluta dal presidente del Consiglio fosse in vigore.
LA LEGGE

I criteri con cui si formerà il nuovo Senato – testo del disegno di legge governativo alla mano – sono quelli che seguono: fanno parte dell’assemblea «i Presidenti delle Giunte regionali e delle Province autonome di Trento e Bolzano, i sindaci dei Comuni capoluogo di Regione e di Provincia autonoma, nonché, per ciascuna Regione, due membri eletti, con voto limitato, dal Consiglio regionale tra i propri componenti e due sindaci eletti, con voto limitato, da un collegio elettorale costituito dai sindaci della Regione (…) A questa componente di natura territoriale si affiancano ventuno cittadini che abbiano illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario (i requisiti sono i medesimi attualmente previsti per la nomina a senatori a vita), nominati dal Presidente della Repubblica».

L’esistente al momento fotografabile è quello relativo a governatori e sindaci. Se la riforma del Senato fosse in vigore oggi, su quarantadue amministratori a ritrovarsi senatori, ventinove proverrebbero dal Pd o da forze politiche a sinistra di esso. Su diciannove presidenti di Regione, quelli di sinistra sarebbero dodici: l’ex ministro Claudio Burlando (Liguria), la vicesegretaria del Pd Deborah Serracchiani (Friuli Venezia Giulia), i due ultrà bersaniani Vasco Errani ed Enrico Rossi (Emilia Roma- gna e Toscana), gli ex diessini Nicola Zingaretti e Catiuscia Marini (Lazio e Umbria), Gian Marco Spacca (Marche), il renziano Paolo Di Laura Frat-
tura (Molise), il fratello d’arte Marcello Pittella (Basilicata), il front runner neocomunista Nichi Vendola (Puglia) e gli isolani Rosario Crocetta (Sici- lia) e Francesco Pigliaru (Sardegna). Questo senza contare che, con ogni probabilità, tra qualche settimana anche Pie- monte (dove Sergio Chiamparino vola nei pronostici per il dopo-Cota) e Calabria (dove pare difficile che il centrodestra possa riprendersi dalla batosta Scopelliti) saranno passate a sinistra. Ancora più schiacciante il conto dei sindaci.

Su ventuno primi cittadini, non risultano di sinistra appena in quattro. Per il resto, c’è tutto il meglio della nouvelle vague radical- civista che negli ultimi anni ha portato nei municipi il famoso rinnovamento: sarebbero infatti membri del nuovo Senato delle Autonomie, tra gli altri, Ignazio Marino, Giuliano Pisapia, Luigi De Magistris, Massimo Zedda e Marco Doria. Ma non di solo nuovismo vive la calata dei sindaci rossi su Palazzo Madama: oggi diventerebbero senatori anche reperti d’altra epoca quali Piero Fassino, Leoluca Orlando e Massimo Cialente.

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