Nuovo governo, Beppe Grillo, Bersani, Pd e M5s: prime pagine e rassegna stampa

Il Corriere della Sera: “Bersani si ferma, Napolitano in campo”. Il paese in ostaggio. Editoriale di Pierluigi Battista:

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“Se ci si impicca a un coacervo di formule astruse e i destini di una Nazione finiscono per essere appesi alla sottile distinzione lessicale tra «non risolutivo» e «rinuncia», allora vuol dire che l’Italia sta correndo un rischio davvero troppo elevato. Ci si smarrisce nel labirinto delle ostinazioni, dei veti, delle fumisterie gergali, ma ancora non sappiamo, dopo il difficile colloquio tra il presidente Napolitano e il leader del Pd Bersani, se riusciremo ad avere in tempi ragionevoli un governo, e con quali forze, e in nome di quali priorità, mentre l’economia e la società ristagnano e il pericolo di un nostro crollo di credibilità europea e internazionale si fa sempre più minacciosa”.

Uno Stallo Vistoso che Rimanda tutto al Capo dello Stato. Articolo di Massimo Franco:

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“E riconsegna al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, il compito immane di trovare una soluzione. La sua decisione di accertare «personalmente» come stanno le cose lascia aperta ogni possibilità, perché Bersani non ha rinunciato.
La nota del Quirinale fa trasparire una differenza di opinioni con un presidente del Consiglio incaricato che rivendica il «no» a «preclusioni» e «condizioni» incontrate nei suoi incontri. Non si può escludere a priori la possibilità che nelle prossime ore possa prendere forma un «governo del Presidente», ma non è scontato. E comunque avverrebbe su uno sfondo fragile. È difficile, infatti, che un Pd uscito ridimensionato nelle proprie ambizioni di guida del Paese abbia verso una coalizione diversa un atteggiamento amichevole: a prescindere dagli errori tattici che Bersani può avere commesso con le insistite aperture al Movimento 5 Stelle.
È uno sforzo al quale i seguaci del comico Beppe Grillo hanno risposto con rifiuti ai limiti dell’insulto. E adesso lo stallo è ufficiale. L’incontro di ieri pomeriggio fra il presidente della Repubblica e Bersani è stato preceduto da parole dure di Sinistra e libertà, alleata del Pd, contro l’eventualità di una sorta di nuovo governo tecnico o istituzionale; di fatto, contro qualunque intesa, diretta o indiretta, con il partito di Silvio Berlusconi; e il destinatario è sembrato Napolitano. Ma la sensazione è che siano state ribadite dal premier incaricato, non disposto a cedere per ottenere un mandato pieno”.

Il sogno (fallito) di rompere un tabù. Scrive Gian Antonio Stella:

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“Potete scommettere che Pier Luigi Bersani, mentre si arrovellava nei dubbi tenendo in sospeso il Quirinale e l’Italia intera, è stato colto dal pensiero di quella metafora che non si sa più se fosse sua o di Maurizio Crozza: come poteva, dopo essersi giocato tutto sui grillini e il no al Pdl, fare retromarcia rimettendo il dentifricio nel tubetto?
E così, dopo le «convergenze parallele», le «astensioni incrociate», le «maggioranze variabili» e i «disaccordi concordati», sopraffine architetture della prima Repubblica che avvolgevano qualunque cosa in una nuvola di vaporosa impalpabilità, quella che avrebbe dovuto essere nelle speranze democratiche l’era post-berlusconiana, si apre con una «non rinuncia» da non dimissionario dovuta ad esplorazioni «non risolutive». Dove il segretario pd, scurissimo in volto, spiega di avere sì fallito nel suo progetto davanti ostacoli insormontabili ma precisa che non molla e ripassa la palla a Giorgio Napolitano: veda cosa può fare lui. Argomentazione che appare ispirata ad una delle canzoni dell’adorato Vasco Rossi: «Vivere. O sopravvivere / senza perdersi d’animo mai / e combattere e lottare contro tutto, contro!»
Maledetti sondaggi! Bersani era convintissimo, solo poche settimane fa, di poter essere il primo ex comunista a rompere un tabù. Conquistare Palazzo Chigi vincendo le elezioni. Certo, un incarico (esplorativo) era già stato dato a Nilde Iotti allora alla guida della Camera”.

Gli arretrati dello Stato a 90 miliardi. Articolo di Antonella Baccaro:

“Operazione trasparenza sui crediti vantati dalle imprese. I miliardi dovuti dalla pubblica amministrazione sarebbero, secondo Banca d’Italia, circa 90 per il 2011, con una correzione di 20 miliardi sulle stime fornite sinora dall’Istat. Lo ha rivelato il direttore centrale per la ricerca economica di via Nazionale, Daniele Franco, in un’audizione presso le commissioni speciali in Parlamento, specificando che l’ammontare dei debiti corrisponde al 5,8% del Pil (prodotto interno lordo). «I 40 miliardi, quindi, non bastano a chiudere l’intero processo, ma aiutano» ha aggiunto.
«Oltre il 10% del totale, circa 9 miliardi, è stato ceduto a intermediari finanziari con clausola pro soluto e pertanto è già incluso del debito pubblico» ha specificato. Se dunque la liquidazione dei 40 miliardi in due anni aumenterà il deficit di 0,5 punti, la liquidazione dei restanti debiti aumenterebbe temporaneamente il deficit di altrettanto. «Finalmente – commenta il leader degli industriali Giorgio Squinzi rispetto ai nuovi dati -. Mi fa piacere che piano piano arrivano sulle nostre tesi». A maggior ragione, fa sapere via Facebook il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, «è urgentissimo risolvere questo problema con soluzioni semplici e automatiche».
Soluzioni che potrebbero arrivare in un decreto già la prossima settimana, secondo il presidente della commissione speciale di Montecitorio, Giancarlo Giorgetti (Lega). Intanto martedì la relazione del governo sulla variazione del rapporto deficit/Pil dovrebbe essere approvata in Parlamento”.

La Repubblica: “Governo, in campo Napolitano”. Lo stato d’eccezione. Editoriale di Massimo Giannini:

“Tutto questo, ancora una volta, conferma ciò che già sappiamo. Viviamo in uno «stato d’eccezione» permanente. E anche stavolta il soggetto che più di tutti lo alimenta e lo esaspera è Silvio Berlusconi. Se il tentativo del leader della coalizione che ha vinto comunque le elezioni è tuttora in stand-by, o verosimilmente fallirà, la responsabilità è del Cavaliere. Del suo avventurismo istituzionale. Del suo titanismo politico. Del suo sfascismo giudiziario. Come ha spiegato lo stesso Bersani al termine del suo colloquio con Napolitano, il suo governo non può nascere non solo perché è limitato numericamente, ma anche perché è ricattato politicamente. Le «condizioni e le preclusioni inaccettabili» poste dal Pdl sono uno scandalo della democrazia. Pur essendo arrivato terzo alle elezioni (con un collasso di 6,5 milioni di voti persi) il Cavaliere si siede alla sua maniera al tavolo della trattativa, cioè con la rivoltella in mano. Pretendendo la poltrona del Quirinale per sé o per Gianni Letta. Subordinando ancora una volta i suoi bisogni personali e processuali agli interessi del Paese. Giocando ancora una volta al tanto peggio tanto meglio: se la minaccia funziona, bene. Altrimenti si torna subito a votare, e lui o vince l’intera posta, o tutt’al più pareggia di nuovo, avendo guadagnato nel frattempo altri mesi preziosi per fuggire dai tribunali.
Detto questo, bisogna essere onesti fino in fondo. Le malefatte politiche dello Statista di Arcore spiegano molto, della rovinosa palude italiana. Ma non bastano a spiegare il «congelamento» di Bersani. Quel «sostegno parlamentare certo» che Napolitano gli aveva chiesto una settimana fa, il segretario non l’ha trovato. E che finisse così era chiaro già dal 26 febbraio. Il leader del Pd aveva due strade. Una più rischiosa dell’altra”.

M5S, una lista di nomi per il premier. Scrive Annalisa Cuzzocrea:

“Due assemblee passate a parlare di disegni di legge e interrogazioni da presentare. Le valigie pronte per tornare a casa, qualcuno è già partito, perché Pasqua è Pasqua, «non ci fermiamo da tre settimane». E però, la notizia che arriva in Transatlantico alle sette e mezzo della sera cambia tutti i piani. Il congelamento dell’incarico a Bersani, le nuove consultazioni del presidente Napolitano, mettono in crisi la linea del Movimento 5 Stelle.
Mercoledì sera, nella riunione che è seguita ai lavori d’aula, la romagnola Giulia Sarti ha alzato la mano timidamente e ha chiesto: «Perché non cominciamo a fare i nomi di un governo a 5 stelle? Se Bersani non ce la fa, rischiamo di farci trovare impreparati ». Una ventina erano con lei. Gli altri no. Così – almeno ufficialmente – non se n’è parlato. Le mosse del presidente della Repubblica però rimettono tutto in gioco. Vito Crimi annulla il ritorno a Brescia. Al Senato i pochi rimasti restano riuniti fino a tardi. Ci si vedrà ancora stamattina, prima di incontrare il presidente. E lì, i nomi verranno fuori. Riportare i 20 punti di programma non ha senso. Stavolta bisogna avere in mano qualcosa di concreto”.

L’era del porno fai-da-te. Articolo di Vladimiro Polchi:

“A sfogliare i portali di annunci on line, gli italiani sembrano un popolo di aspiranti porno-attori. Su Annunci.net, una «coppia milanese di giovani ragazzi si propone come attori per film hard e soft hard a volto coperto, ma non intendiamo condividere il nostro partner con altri». Su Bakeca.it, la casa produttrice Film Hard XXX ricerca «attrice professionista, ma anche donna o ragazza maggiorenne senza esperienza, che voglia intraprendere una carriera lavorativa in questo mercato. Il nostro staff è molto pulito
igienicamente e con analisi del sangue molto frequenti ». Qual è l’offerta? « Contratto come figurante speciale, ore lavorative dalle 10 alle 22, retribuzione 40 euro netti l’ora, cioè 400 euro puliti al giorno». Va detto che Bakeca.it è una gigantesca vetrina on line gratuita. Dentro c’è di tutto, «abbiamo un traffico di 13 milioni di visite mensili e 2 milioni di annunci attivi – spiega Simone Cornelio, marketing manager del sito – e attualmente nella sezione “offerte di lavoro” ci sono 90mila annunci.
Ebbene, tra questi 1.500 sono ricerche nel settore pornografico e i profili più cercati sono di attori o attrici per film amatoriali». Non è tutto: «Nel corso dell’ultimo anno – aggiunge Cornelio – il numero di questi annunci è cresciuto del 30 per cento». Ce n’è per tutti: la Film Millenium per esempio seleziona «attrici per scene hard con mascherina dai 18 ai 50 anni e garantisce elevatissimi compensi». Del resto, lavorare nel porno viene sempre più visto come un impiego “normale”: in un sondaggio on line del portale Studenti.it emerge come solo il 33 per cento dei ragazzi la definisce un’attività degradante, mentre per il 59 per cento è un’occasione come un’altra e il 5 per cento afferma addirittura di aver già risposto a un annuncio a luci rosse”.

La Stampa: “Stop Bersani, Napolitano in campo”. E’ mancata la pistola fumante. Editoriale di Federico Geremicca:

“La cravatta di traverso, la giacca sbottonata, la faccia un po’ sgualcita. Quando poco dopo le sette della sera Pier Luigi Bersani si è affacciato alla tribunetta del Quirinale, il cosiddetto «linguaggio del corpo» non lasciava presagire nulla di buono. E invece il leader Pd – il suo tentativo, anzi – barcolla ma è ancora in piedi: e solo stasera, in questo Venerdì di Passione, se ne conoscerà la sorte ultima e definitiva”.

Finanziamento pubblico Il Pd senza soldi in cassa riduce le sedi e i costi. Scrive Raffaello Masci:

“Cari amici (e compagni), tirate la cinghia: i soldi sono pochi, saranno ancora di meno in futuro e quindi disponiamoci ad affrontare una stagione di vacche magre. Il testo è di un altro tono, ovviamente, ma questo ne è il senso. Parliamo di una lettera che Antonio Misiani, tesoriere del Pd, ha scritto ai circa 200 dipendenti del partito. La missiva è datata 22 marzo ed è stata divulgata da «La Zanzara» di Radio24”.

Il Giornale: “Ciao ciao Bersani”. Editoriale di Alessandro Sallusti:

Ci ha messo oltre un mese ma alla fi­ne, erano le 19.30 di ieri, Pierluigi Bersani ha capito, buon ultimo, che il Pd e la sinistra non avevano vinto le elezioni. E che quindi non poteva go­vernare il Paese a suo piacimento. C’è qual­che cosa di tenero e tragico al tempo stesso nella cieca ostinazione del segretario, un dramma umano che l’ha portato a mentire ­alcuni dicono ricattare – persino al presiden­te della Repubblica nell’ultimo drammatico incontro di ieri sera: ce la posso fare, o va a me l’incarico di formare il nuovo governo, avrebbe detto il segretario, o il Pd non soster­rà nessun altro candidato, tecnico o non tec­nico. Non erano vere entrambe le cose, e Na­politano ci ha messo pochi minuti a sma­scherare il bluff. In realtà Bersani non ha i nu­meri per governare, né la solidarietà di tutto il suo partito per far saltare il banco e addos­sarsi la responsabilità di elezioni immedia­te. Dopo avere fatto perdere nelle urne un Pd già dato per super vincitore, ora Bersani sta riuscendo nell’impresa di spaccare il suo partito. Napolitano, come gesto di compas­sione, non ha staccato al segretario la spina del polmone artificiale che lo tiene in vita. Con un giro di parole senza precedenti ( « esi­to non risolutivo ») non lo ha bocciato né pro­mosso. Lo ha congelato, togliendogli l’inca­rico di fatto ma non formalmente”.

Il Fatto Quotidiano: “Bersani accantonato. Napolitano aspetta Grillo”. Italiano Celentano. Editoriale di Marco Travaglio:

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“Naturalmente Celentano è liberissimo di pensare – e di scrivere su Repubblica – che un giornalista deve “fermare la lingua”, “azzerare il passato” e “soprassedere”, rinunciando a dire ciò che sa del nuovo presidente del Senato, perché siamo in un “momento così delicato”. Se invece non lo fa, anzi insiste a raccontare in perfetta solitudine la biografia della seconda carica dello Stato, non è perché il mestiere di giornalista consiste appunto nel dare notizie vere e documentate; ma “per sminuire l’ascesa di Grasso alla presidenza del Senato” e per “appesantire l’aria”. A suo dire, “Travaglio deve aver pensato: perché lasciare intatta la credibilità del nuovo presidente del Senato, che potrebbe fare qualcosa di buono e dopo noi ci intristiamo?”. Ora, se queste scemenze appartenessero solo al nostro amico Adriano, che purtroppo s’informa poco e nulla sa di Grasso né del perché è arrivato fin lì, anche se potrebbe con poco sforzo informarsi, pazienza. In fondo dev’essere dura per un grande artista nazionalpopolare restare confinato troppo a lungo nel campetto degli outsider: due anni all’opposizione, con le battaglie per i referendum del 2011, poi per i nuovi sindaci, poi per 5 Stelle, sono forse troppi per lui”.

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