ROMA – L’atto di accusa delle imprese. Il Corriere della Sera: “Sta cambiando l’atteggiamento degli imprenditori verso la politica. Crisi. Gli emiliani, tradizionalmente moderati, per bocca di Maurizio Marchesini, il presidente della Confindustria, attaccano: «Da 40 giorni si discute del prezzo del caffè alla buvette di Montecitorio e attorno ci sta cascando il mondo». Incontro. Gli industriali si preparano per l’incontro di Torino di venerdì prossimo sotto lo slogan «Il tempo è scaduto» e vorrebbero la partecipazione dei dipendenti per una mobilitazione comune. Allarme. Intanto monta l’emergenza occupazione. Il ministero del Lavoro rende noto che oltre un milione di persone sono state licenziate nel 2012, +13,9% sul 2011.”
Più grave l’emergenza lavoro. Un milione di licenziati in un anno. L’articolo a firma di Valentina Santarpia:
“Da un anno all’altro, c’è stato un crollo dei nuovi rapporti di lavoro: se nel 2011 erano più di 10 milioni e 400 mila, nel 2012 sono diminuiti di quasi 200 mila unità. Al contrario, i contratti cessati nel complesso, tra pensionamenti, dimissioni, scadenze e licenziamenti, sono cresciuti, passando dai quasi 10 milioni e 300 mila del 2011 ai quasi 10 milioni e 400 mila dell’anno dopo. Se a questi numeri si aggiunge quello dei lavoratori, un milione e 800 mila, che hanno vissuto l’esperienza della cassa integrazione, il milione e mezzo che ha avuto un assegno di disoccupazione e i 2,7 milioni di disoccupati certificati dall’Istat, il dramma del mondo del lavoro appare in tutta la sua criticità. Solo nell’ultimo trimestre del 2012, le nuove assunzioni (in termini di rapporti di lavoro attivati, dipendenti o parasubordinati) sono state oltre 2,2 milioni, con un calo del 5,8% rispetto allo stesso trimestre del 2011. Assunzioni che corrispondono a poco più di 1,6 milioni di lavoratori coinvolti (-8,2%), con i giovani più penalizzati (-13,9% tra i 15-24enni e -10,9% tra i 25-34enni). Mentre, sempre nell’ultima parte dell’anno scorso, in totale i rapporti di lavoro cessati sono stati poco più di 3,2 milioni. E non deve far pensare bene quel leggerissimo calo (-0,2%) che si registra rispetto al quarto trimestre del 2011, perché tra i motivi delle cessazioni del rapporto pesano sempre di più quelli legati alla naturale scadenza del contratto, che non viene quindi rinnovato (sei milioni e mezzo durante l’arco di tutto l’anno scorso) e alle scelte del datore di lavoro: non solo licenziamenti, ma anche cessazioni di attività (127 mila i posti di lavoro persi per la chiusura di un’azienda solo l’anno scorso). «Circa il 17% dei contratti di lavoro stipulati nell’ultimo trimestre del 2012 sono relativi a rapporti da uno a tre giorni totali — sottolinea l’ex governatore del Veneto, Giancarlo Galan — mentre il 12%, 389 mila contratti, sono rapporti di un solo giorno. Un solo giorno di lavoro. E ci domandiamo ancora cosa fare? Dobbiamo immediatamente dare vita ad un governo». «Serve una terapia d’urto come la detassazione totale per i nuovi contratti», incalza l’ex ministro del Welfare Pdl, Maurizio Sacconi. Mentre il responsabile del Lavoro del Pd, Stefano Fassina, precisa: «Noi i segnali di cambiamento di rotta li stiamo già dando. La situazione è drammatica, ma il decreto per il pagamento dei crediti alle imprese è un primo passo per allentare l’austerità che oltre a danneggiare l’economia non salva la finanza pubblica».”
«Tutti lì sul caffè gratis alla buvette. Ma le imprese sono al capolinea». L’articolo a firma di Dario Di Vico:
“Giuliano Poletti è il presidente della LegaCoop, ha rinunciato a candidarsi in Parlamento perché vuole portare avanti il processo di unificazione tra coop bianche e rosse. Anche lui pensa che sia necessario «un governo delle emergenze, di durata limitata nel tempo e imperniato sul rapporto tra Pd e Pdl». Per Poletti i grillini hanno monopolizzato l’agenda politica negli ultimi 40 giorni e i temi dell’emergenza economica e del lavoro sono passati in secondo piano. «So bene che dalle urne è uscita fuori una pressante richiesta di trasparenza della politica ma bastava per onorarla deliberare un unico atto: riformare il finanziamento pubblico ai partiti. E poi un minuto dopo dedicarsi alle aziende e al lavoro». Il presidente della LegaCoop la pensa come Rete Imprese Italia sul decreto Grilli per i pagamenti della pubblica amministrazione: «Avrei voluto modalità di rimborso più semplici, immediate e avrei preferito che la decisione di immettere liquidità nell’economia reale fosse stata gestita in modo da generare ottimismo. E invece è diventato un provvedimento da ragionieri, per di più sospettosi e così facendo è stato bruciato l’effetto psicologico positivo che il provvedimento avrebbe dovuto avere». Poletti è molto preoccupato per l’avvitamento del credito bancario e per la scomparsa del tema dall’agenda politica. «Banca d’Italia manda segnali di irrigidimento sui controlli e le garanzie ma attenzione bisogna sapere che c’è bisogno di un punto di equilibrio. Se ogni autorità o potere gioca la partita da solo il risultato è un’ulteriore restrizione dei fidi con tutte le conseguenze che è facile immaginare in una fase come questa».”
Sì allo scambio crediti-debiti. Ma solo a partire dal 2014. L’articolo a firma di Antonella Baccaro:
“Cosa ha creato nella notte tra sabato e domenica la necessità di un intervento congiunto dei ministri dell’Economia, Vittorio Grilli, e dello Sviluppo economico, Corrado Passera? Come sempre, si potrebbe dire, la preoccupazione di uno sforamento dei conti pubblici che comporterebbe il mancato rientro dalla procedura d’infrazione europea, prevista dal premier per maggio. La Ragioneria guidata da Mario Canzio, nel bollinare il decreto, avrebbe cassato l’innalzamento del tetto delle compensazioni per mancanza di copertura. Sarebbero state le organizzazioni imprenditoriali a accorgersi dello stralcio nel testo «bollinato» dell’innalzamento della soglia, che invece era stata ampiamente comunicato a Palazzo Chigi e riportato nel comunicato nero su bianco. Di qui il pressing sui ministri perché non lasciassero saltare quel che restava di una norma che, nelle intenzioni delle imprese, soprattutto le più piccole rappresentate da un’agguerrita Rete imprese Italia, doveva essere ben più ampia e significativa. A queste, ormai a notte fonda, Grilli e Passera hanno assicurato il ripristino delle compensazioni. L’esito del lavoro svolto dalla Ragioneria sulle coperture continua a lasciare perplesse le imprese perché, ad esempio, quel «beneficio stimabile nel 2013 a almeno due miliardi» riportato nel comunicato di palazzo Chigi, non esiste.”
L’Inps ai medici: tagliate i giorni di malattia. L’articolo a firma di Lorenzo Salvia:
“Le visite fiscali servono a controllare che il certificato firmato dal medico di famiglia non sia troppo generoso o addirittura falso. Il medico fiscale può ridurre o addirittura cancellare il permesso dal lavoro se il malato (e il certificato) sono immaginari. Non capita spesso ma a volte sì. E quando capita l’Inps risparmia: dal quarto giorno di malattia in poi è proprio l’istituto di previdenza a pagare stipendio e contributi al posto del datore di lavoro. Cancellare qualche giorno di permesso, quindi, vuol dire per l’Inps limare una voce di spesa che vale ogni anno 2 miliardi di euro. La metà di quello che ci è costata l’Imu sulla prima casa, tanto per pesare all’ingrosso la questione. Giusto che l’Inps voglia risparmiare, anche perché lo farebbe sulla pelle dei furbetti del certificato. Ma è giusto pure fissare quell’obiettivo prima delle visite di controllo, un 3% a prescindere, come fosse il rapporto deficit Pil secondo Bruxelles o le spese da ridurre a insindacabile giudizio del ragioniere d’azienda? «Così l’Inps dice che il 3% dei certificati firmati dai medici di famiglia è falso» protesta Roberto Carlo Rossi, presidente dell’ordine dei medici di Milano. «Hanno messo la malattia delle persone alla voce costi, come la carta per le stampanti o il toner. Inaccettabile». Una serie di obiezioni che il dottor Rossi ha spedito per lettera all’Inps, con parole accorate: «Il medico che formula una prognosi non può e non deve seguire logiche di carattere economicistico». Ricordando che la legge e il codice deontologico «vietano qualsiasi atteggiamento compiacente» del medico e ne garantiscono «l’indipendenza e la libertà di giudizio». Giù le mani, anzi le forbici, dal certificato. Il problema esiste, però. E non bisogna arrivare ai casi clamorosi, ai malati più immaginifici che immaginari come il magistrato assente per mal di schiena ma pizzicato a regatare in Gran Bretagna, o l’insegnante che il suo certificato lo spediva nientemeno che dalle Bahamas. L’assenteismo c’è, chiunque lavori in un ufficio lo sa. Ancora adesso, solo per fare un esempio, il giorno in cui ci sono più malattie è proprio il lunedì. Con buona pace del ministro della Salute Costante Degan che 30 anni fa, quando di fatto creò il medico fiscale, disse che «darsi malati in ufficio, magari per allungare il week end, diventerà quasi impossibile».”
Licenziati, nuova emergenza. La Stampa: “Bersani-Berlusconi, sabato comizi nelle piazze, è a rischio il faccia a faccia Pd, appelli all’unità. Primarie a Roma, votano in 100 mila: stravince Marino.”
A rischio l’incontro Bersani-Berlusconi. L’articolo a firma di Amedeo La Mattina:
“Berlusconi non ci sta. Forte dei sondaggi che lo danno in crescita, non intende trovarsi invischiato ancora una volta in un esecutivo simile a quello Monti senza Monti. Quindi, o governissimo, con un presidente della Repubblica di garanzia, o elezioni. Se poi Bersani ci tiene proprio a formare un governo di centrosinistra, allora al Quirinale vada il leader del centrodestra, Silvio Berlusconi. Sì, l’incontro tra il Cavaliere e il segretario del Pd rischia seriamente di saltare. Del resto, dicono a via dell’Umiltà, a che serve vedersi per dirsi addio: si rischia di incancrenire i rapporti. Se poi nella ferita sanguinante dei rapporti politici si sparge del sale come fa Matteo Orfini, è chiaro che le distanze diventano incolmabili. «Voglio dire a Franceschini e a Speranza – sostiene Orfini – che ci si confronta con tutti, ma in maggioranza con chi l’ha distrutta non si salva l’Italia». A distruggerla sarebbe il Pdl che non ci sta al doppio binario governo-Quirinale. Dice Maria Stella Gelmini. «I vari Orfini e Speranza sono avvisati: non acconsentiremo mai alla nascita di un governo di centrosinistra che ci veda spettatori esterni, portatori d’acqua gratuiti. Ieri Franceschini ci aveva fatto ben sperare: non ci resta che attendere il pronunciamento ufficiale della segreteria del Pd». Se si continua a rappresentare gli esponenti del Popolo della libertà come degli «impresentabili», attacca Cicchitto, «si continua a fare un incredibile errore di arroganza e in effetti vuole andare dritto alle elezioni».”
Marino stravince le primarie a Roma del centrosinistra. L’articolo a firma di Francesca Schianchi:
“Sarà Ignazio Marino a doversi battere per restituire Roma al centrosinistra. Mentre ancora in tarda serata i tremila volontari sono al lavoro sullo spoglio, il suo principale rivale David Sassoli lo chiama per congratularsi, «Adesso dobbiamo vincere la battaglia del Campidoglio», riconoscendo in lui, il chirurgo dei trapianti e senatore del Pd, il vincitore delle primarie. Dopo tre settimane di campagna oscurata anche a Roma dallo stallo della situazione politica, con il Pd nazionale tutto preso dal tentativo di formare il governo, ieri, infatti, tra polemiche e qualche coda ai seggi, i romani hanno scelto ai gazebo il candidato sindaco del centrosinistra.”
Più di un milione di licenziati. L’articolo a firma di Roberto Giovannini:
“E così, come dicono i dati del Sistema delle comunicazioni obbligatorie, che dà conto ufficialmente e regolarmente dell’andamento dei rapporti di lavoro, nel nostro paese nel 2012 i licenziamenti sono stati oltre un milione: per la precisione, 1.027.462. È un aumento del 13,9 per cento rispetto ai 901,796 del 2011. Ma particolarmente allarmante, tuttavia, appare il dato degli ultimi tre mesi del 2012, quando i licenziamenti hanno raggiunto il livello massimo di 329.259, in aumento del 15,1% sullo stesso periodo del 2011. Ovviamente qui si contano semplicemente i licenziamenti, ovvero le interruzioni dei rapporti di lavoro, e non il numero esatto delle persone licenziate. Nulla esclude che nel corso di dodici mesi un lavoratore abbia attivato e concluso anche più di un rapporto di lavoro. E nulla esclude che alcune interruzioni siano volontarie o dovute alla scelta di qualcuno di mettersi in proprio. Certo è che la tendenza è chiarissima: la crisi va avanti da diversi anni, e nel corso di questi anni il numero delle persone che hanno perso o lasciato l’impiego è andato progressivamente aumentando, fino al periodo più nero, quello relativo all’ultimo trimestre dello scorso anno, quando sono stati espulsi quasi 330mila lavoratori. E il 2012, oltre a essere un anno di crisi, è anche l’anno in cui ha cominciato a dispiegare i suoi effetti la riforma Fornero del mercato del lavoro, con la modifica dell’articolo 18. Modifica il cui peso è obiettivamente difficile valutare in questi dati.”
Afghanistan, 11 bambini morti in un raid della Nato. L’articolo a firma di Marco Zatterin:
“Le fotografie (che proverrebbero dalla zona del raid) diffuse dalla «Reuters» tolgono il respiro tanto sono terribili. I bambini avvolti nei loro panni colorati sembrano dormire, uno di fianco all’altro, mentre chi li osserva si dispera. Sono volati via sabato, quasi tutti schiacciati dal crollo del tetto delle loro abitazioni provocato dalle bombe. Le fonti locali riferiscono di attacchi in tre villaggi differenti. Secondo un portavoce della Nato, tutto è cominciato l’altro ieri mattina, quando i taleban «hanno attaccato forze afghane e della coalizione». Un capo tribù ha detto alla «Bbc» che «i combattimenti sono durati per sette ore». Proprio le forze alleate avrebbero richiesto l’intervento dei caccia coi risultati che si sono visti. In Afghanistan le cose non hanno proprio l’aria di andare bene. Nelle scorse ore cinque americani (tre soldati, una giovane diplomatica e un contractor) sono stati uccisi da un’autobomba, nella provincia meridionale di Zabul. Il ritmo a cui crescono le vite strappate fatica a rallentare, mentre le tensioni fra alleati e contingenti afghani risultano essere crescenti. Il ritiro graduale auspicato da tutti a partire dal 2014 diventa ogni settimana più complesso e insidioso.”
Lo show di Rossi “Avevo sognato un ritorno così”. L’articolo a firma di Matteo Aglio:
“Per un attimo è sembrato che il sogno del podio si fosse fatto sabbia dopo un solo giro. Valentino che scatta perfetto alla luce verde, in mezzo al gruppo dei primi, le Honda appena davanti e solo una Ducati da saltare. Rossi studia Dovizioso, l’affianca poco dopo il traguardo e lo passa. Ma le ruote della Yamaha allargano la traiettoria alla prima curva, «è stato Pedrosa a entrare troppo lento e l’ho toccato con la protezione della leva del freno anteriore, un bel rischio» spiegherà a fine gara il Dottore, e da terzo si ritrova settimo. Gli avversati intanto scappano, Lorenzo come un cavaliere solitario verso la prima vittoria di stagione, Crutchlow e le due Honda in un disperato inseguimento. Il pesarese fatica, dietro a Bradl, e i secondi di distacco salgono, inesorabilmente. Sembra di vedere una brutta copia di una gara qualsiasi degli ultimi due anni, con in più lo scherzo crudele dell’illusione iniziale.”