Repubblica: “E Grillo fugge dalle urne in Sardegna”

Repubblica: "E Grillo fugge dalle urne in Sardegna"
Repubblica: “E Grillo fugge dalle urne in Sardegna”

ROMA – Le elezioni locali fanno paura a Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio che in Sardegna hanno impedito al Movimento 5 Stelle di presentare una lista con il simbolo M5s alle elezioni regionali di febbraio. La situazione nel campo di Beppe Grillo è descritta da Tommaso Ciriaco su Repubblica cosi:

Liti furibonde in Sardegna, duelli all’arma bianca in Abruzzo, spaccature insanabili in Puglia, battaglie anche in Calabria e Lombardia. Le dinamiche grilline sul territorio assomigliano a un bollettino di guerra. E siccome le Europee si avvicinano, il vertice del Movimento ha pensato bene di stoppare la pericolosa escalation sarda, negando l’uso del simbolo per le Regionali. D’altra parte, le ultime elezioni locali erano state un autentico flop.
Ancora brucia, nel quartier generale della Casaleggio, l’incredibile crollo lucano. «Il voto locale è diverso da quello nazionale, dove il M5S vola», ripetono dallo staff. E però le percentuali deludenti delle ultime amministrative – l’8,97% in Basilicata, il 13,75% in Friuli consigliano di saltare un giro.
La galassia pentastellata è in subbuglio. Dopo il boom delle Politiche, fioriscono meet-up in ogni angolo della Penisola. Pattuglie di attivisti si spaccano e si sdoppiano, consumandosi in scontri velenosi. Litigano su tutto, anche sulla politica delle alleanze: prima dello stop, una delle fazioni sarde accarezzava l’idea di una futura intesa con il Pd, sul modello siciliano. Un incubo, per gli ortodossi.
Il ping pong di accuse sfibra la giovane forza politica. Volano anatemi: «Voi siete infiltrati», «avete permesso a personaggi poco trasparenti di entrare nel Movimento ». La novità, però, è che Beppe Grillo non ne può più. Nell’ultimo contatto con i parlamentari sardi, il leader ha messo in chiaro: «Non mi interessano gli scontri tra attivisti. Litigano, mi chiedono di prendere posizione: ma come faccio? Non ci metto la faccia, il simbolo se lo sognano. Se ne stiano un giro a casa. Non siamo a caccia di poltrone».
Gianroberto Casaleggio, poi, è furioso. Il modello di democrazia orizzontale – in assenza di gerarchia territoriale – mostra gravi lacune. Alle sentinelle romane ha consegnato un messaggio: «D’ora in poi, di fronte a scontri tra meet up, negheremo il simbolo. Bisogna fermare chi insegue ambizioni personali, tradendo lospirito del M5S». L’ex manager, intanto, studia come selezionare la classe dirigente senza snaturare il movimento.
Il problema è che Grillo e Casaleggio non concordano del tuttosulla strategia dei prossimi mesi. Il comico preferirebbe sfruttare le motivazioni della Consulta sul Porcellum – ormai prossime – per chiedere ai suoi un gesto clamoroso: l’addio al Parlamento. Il guru frena, preoccupato dal complicato iter per le dimissioni e dall’effetto boomerang di una scelta così deflagrante.
L’intervista a Roberto Cotti:
Colpa di Beppe Grillo?
«Colpa anche dello staff. Non aver fatto le primarie è l’origine di tutti i mali».
E perché è successo?
«Qui c’era un gruppo di attivisti che non voleva farle e ha esercitato delle pressioni. Grillo per me doveva imporle».
Ma questo non è il risultato del non avere una struttura minima con dei responsabili politici oltre ai capi?
«Sono uno dei pochi del M5S con esperienze di partito alle spalle e quella forma non funziona. Il fatto è che siamo cresciuti troppo, a dismisura, e spesso è stato un assalto alla diligenza».
Si racconta che lei sia stato a Milano, abbia cercato Casaleggio ma lui si sia negato. È vero?
«Ho suonato in ufficio, ma non era in sede. Sono andato senza preavviso, cose che capitano».
Questa storia del simbolo in mano a una sola persona non vi sta stretta?
«Per ora va bene così. È quel che serve affinché non ci si sfaldi».
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