ROMA – Eugenio Scalfari ha ricordato dalle pagine di Repubblica Mario Pirani, che, ricorda, “fu tra i fondatori di Repubblica”. Mario Pirani è morto a Roma, a 89 anni di età dopo una lunga malattia. Ha scritto Eugenio Scalfari:
“Ricordo bene le lunghe conversazioni che ebbi con lui, con Sandro Viola, con Signorini e con Giuseppe Turani, sul quotidiano che avrebbe dovuto essere del tutto diverso dagli altri e diventare il più diffuso nel nostro Paese.
“Con la scomparsa di Mario la maggior parte di quel piccolo gruppo non c’è più [sono rimasti lo stesso Scalfari, che va per i 91, e Giuseppe Turani, che era il più giovane di tutti e ancor oggi chiamano Peppino] e quello che oggi è avvenuto è per me una ferita nel profondo del cuore. Si erano infatti creati tra noi vincoli di amicizia che andavano molto al di là dei rapporti di lavoro”.
L’amicizia tra Scalfari e Pirani resse anche lo strappo quando Pirani andò a dirigere il settimanale L’Europeo e scrisse per un periodo sulla Stampa di Torino:
“Un’amicizia che ci consentiva di orientarci reciprocamente sui fatti che avvenivano intorno a noi, ma anche sui nostri sentimenti e sul viaggio che ciascuno può intraprendere nel profondo dell’anima, mettendo in comune con l’amico di cui ci si fida e con il quale si condivide il bisogno di confrontarsi. L’ultima volta che l’ho visto risale a venti giorni fa. Era già gravemente ammalato ma cenammo a casa sua con Claudia che è stata il grande amore della sua vita.
Lui, pur ammalato com’era, aveva una tale lucidità di mente che scrisse ancora, anzi dettò a Claudia perché scrivere non poteva, le sue due ultime rubriche sul fatto del giorno che a lui sembrava il più attuale e meritava di essere spiegato ai lettori. Poi anche questo gli è diventato impossibile, troppa la sofferenza fisica che l’aveva invaso e la stanchezza della mente e dell’anima.
A me non resta che ricordarlo e piangerne l’assenza”.Il ricordo di Mario Pirani porta Scalfari a lanciare un fascio di luce sulla gestazione di Repubblica. Gli interlocutori da lui citati erano degli eccellenti sparring partners, ma, come ebbe a dire in altra occasione lo stesso Scalfari, servivano al più grande giornalista italiano del ventesimo secolo come lo specchio della barba:
“Bisognava inventare una nuova formula, un nuovo formato e un nuovo palinsesto. Le pensammo tutte, le possibili soluzioni d’un problema assai difficile, ma alla fine lo risolvemmo: un formato come quello di Le Monde, il carattere dei titoli in Bodoni anziché in bastoni, la cultura non più nella terza pagina ma al centro del giornale, l’economia nelle pagine di chiusura, niente sport, niente cronaca locale e il concetto che meglio l’avrebbe definito: un settimanale che esce tutti i giorni.
Mario Pirani era particolarmente interessato all’economia ma entrò con tutta la sua intelligenza nella visione d’insieme. Era tra quelli che aveva l’intuizione di un nuovo pubblico da raggiungere: i giovani e le donne, i cosiddetti ceti emergenti che fino ad allora non si avvicinavano neppure ai quotidiani dell’epoca. E così avvenne; impiegammo otto anni a raggiungere e poi a superare il Corriere della Sera, il più diffuso allora in Italia”.