ROMA – Ai risultati delle recenti elezioni regionali e comunali è stato attribuito un significato “nazionale”, nonostante abbiano coinvolto meno della metà del corpo elettorale. È una tendenza comprensibile ma che porta spesso ad analisi inappropriate, anche in considerazione dell’elevato tasso di astensione che si è verificato e che difficilmente potrebbe confermarsi in occasione di elezioni legislative.
Il sondaggio, come riporta Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera,
intende fotografare gli orientamenti di voto degli elettori nel caso di elezioni politiche con la nuova legge elettorale, l’Italicum. Ancora una volta è opportuno sottolineare che si tratta di una fotografia istantanea che misura lo stato di salute dei partiti e non la previsione di quanto potrà avvenire quando si terranno le elezioni, nel 2018 o prima.
Alla luce delle intenzioni di voto abbiamo testato le preferenze degli elettori al secondo turno che prevede il ballottaggio tra le prime due forze in campo se nessuna, come accadrebbe oggi, supera quota 40% dei consensi. Al momento si tratta di Partito democratico e Movimento 5 Stelle e il primo si affermerebbe di misura: 51,2% a 48,8%. È interessante osservare il comportamento degli elettori dei partiti esclusi dal ballottaggio. Oltre la metà dei leghisti (55%) voterebbe per il movimento di Grillo, il 37% sarebbe propenso ad astenersi e l’8% sceglierebbe il Pd. Diverso il comportamento degli elettori di Forza Italia, il 60% dei quali si asterrebbe, uno su quattro voterebbe per il M5S e il 15% per il Pd. Sembrano davvero lontani i tempi in cui, grazie anche al patto del Nazareno, i berlusconiani risultavano attratti da Renzi. L’elettorato di sinistra si divide quasi a metà: 50% per il Pd e 45% per il M5S; Area popolare per il 70% voterebbe per il Pd mentre Fratelli d’Italia si dividerebbe tra il M5S (50%) e l’astensione (42%). Da ultimo, gli indecise e astensionisti al primo turno si riducono e propenderebbero in misura leggermente superiore per il movimento di Grillo (23%) rispetto al Pd (20%).
Rispetto all’attuale composizione della Camera dei deputati il Pd grazie al premio di maggioranza aumenterebbe i propri seggi, come pure il M5S, la Lega e Fratelli d’Italia. Al contrario si ridurrebbe il numero di deputati di Forza Italia, di Area popolare e della lista di sinistra (raffrontata a Sel).
Ma cosa potrebbe succedere se al ballottaggio il Pd incontrasse la Lega o il centrodestra unito in una sola lista? Si tratta di due simulazioni del tutto ipotetiche, dato che al momento la distanza della Lega dal M5S è ragguardevole e il progetto di un’alleanza di tutte le formazioni di destra e centrodestra stenta a decollare.
Nel primo caso il Pd si affermerebbe in misura molto netta sulla Lega: 61,5% contro 38,5%. I grillini opterebbero, nell’ordine, per l’astensione (42%), Lega (33%) e Pd (25%); gli elettori di Forza Italia voterebbero prevalentemente, ma non in modo compatto, per la Lega (60%), come pure gli elettori di Fratelli d’Italia (68%), mentre quelli di sinistra e di Area popolare — i primi prevedibilmente, i secondi un po’ meno — propenderebbero in misura massiccia per il Pd (rispettivamente 95% e 75%).
Nel secondo caso il centrodestra risulterebbe vincente sul Pd 53,5% a 46,5%, in virtù di un voto molto coeso (tra l’85 e il 95%) degli elettori di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Al contrario i sostenitori di Area popolare voterebbero più per il Pd (60%) che per il centrodestra unito (35%). Anche in questo caso la maggioranza dei grillini (55%) si asterrebbe mentre gli altri privilegerebbero sia pure di poco il Pd (25%) sul centrodestra (20%) (…)