ROMA – Oltre 107 le tasse che gli italiani pagano ogni anno. Un numero però che nemmeno il Ministero dell’Economia e delle Finanze sa quantificare, spiega Salvatore Cannavò su Il Fatto Quotidiano. Tra accise sulla benzina, Imu e Tares sulla casa, passi carrai e bolli vari, senza dimenticare l’Iva in aumento dal 1° ottobre, gli italiani sono sommersi dalle tasse.
Cannavò spiega che non solo stabilire quante tasse paghiamo è complicato, ma anche riuscire a pagarle:
“Nel dossier sui Balzelli d’Italia , la Confesercenti, non ha solo pubblicato Il Bestiario delle 100 tasse che fanno tribolare imprese e famiglie ma ha fornito un dato poco noto. Pagare le tasse, riuscire cioè a mettersi in regola con il fisco, ha un costo considerevole: gli adempimenti tributari ammontano a circa 18 miliardi di euro l’anno. Chi esercita un’attività in Italia paga 4.495 euro contro i 1.320 dei francesi, i 1.290 dei britannici, i 1.210 dei tedeschi. Soldi che finiscono nelle tasche della consulenza fiscale, pervasiva e avvolgente.”
Oltre alle ormai note Irpef, Irpeg, Irap o Iva esistono “tasse assurde”, spiega il Fatto quotidiano:
“Come la tassa sull’ombra che scatta quando la tenda di un locale invade il suolo pubblico. Oppure la tassa sugli spettacoli nei pubblici esercizi, la tassa sulle concessioni. La tassa per iniziare lavori edilizi , la tassa sulle cambiali. A i privati si applica la tassa sui gradini, dovuta quando le case hanno l’accesso dalla pubblica via. I lavoratori dipendenti, poi, subiscono una tassa occulta, il Fiscal drag: l’imposizione aumenta all’aumento dello stipendio senza considerare il contestuale aumento dell’inflazione”.
Non mancano poi le tasse sulla casa e sull’auto:
“Esiste, infatti, la tassa sui passi carrai, i varchi aperti sui marciapiedi per uscire dalle abitazioni. Si determina moltiplicando la larghezza del passo per un metro lineare convenzionale. Per uscire in auto, però, bisogna avere la patente per il cui rilascio occorrono ben cinque versamenti postali e un certificato, naturalmente in bollo. C’è anche la tassa di iscrizione al Pubblico registro automobilistico (il Pra), importo che le province possono aumentare fino al 30% (solo Bolzano, Aosta, Trento e Prato non lo hanno fatto). C’è il bollo dell’auto , il costo della targa , i diritti del Dipartimento Trasporti terrestri e, se si sceglie di comprare un’auto usata, il passaggio di proprietà”.
Senza contare che del prezzo della benzina, paghiamo accise per oltre la metà del costo:
“L’ultima rilevazione del ministero dello Sviluppo economico, della scorsa settimana, segnala che il prezzo medio della benzina è di 1,754 euro; l’accisa interviene per 0,728 centesimi e l’Iva per i restanti 0,304. Senza le imposte la benzina costerebbe 721 centesimi al litro.
Il 41% se ne va in accisa, cioè l’imposta che si è accumulata nel tempo sommando spese straordinarie sostenute dai vari governi. Fu la guerra in Abissinia di Mussolini a far aumentare di colpo il prezzo della benzina nel 1935, poi sono venute la crisi di Suez, il disastro del Vajont, l’alluvione di Firenze, il Belice e tutti gli altri terremoti fino a quelle emiliano. Ma nella voce vengono conteggiati anche il contratto degli autoferrotranvieri, le missioni all’estero o l’emergenza immigrati. L’intera storia italiana passa dalla pompa al nostro serbatoio e si fa pagare cara”.
Anche i conti correnti “a costo zero”, nascondono la “sorpresa” dell’imposta minima di 34,20 euro l’anno, spiega Cannavò, ma i costi nascosti nelle bollette di gas e luce si fanno sentire:
“Ma nella tariffa del gas le tasse incidono per il 43% mentre per l’energia elettrica le imposte pesano per il 13,29%. La bolletta Enel, però, comprende anche i “servizi di rete” che incidono per il 33,44% e comprendono i i costi per gli incentivi alle fonti rinnovabili, la promozione dell’efficienza energetica, gli oneri per la messa in sicurezza del nucleare, i regimi tariffari speciali per le Fs, le compensazioni per le imprese elettriche minori, il sostegno alla ricerca di sistema”.
Oltre Iva, Imu e Tares, ecco le altre tasse:
“Per seppellire i defunti e accendere i lumini. Per fare un biglietto aereo o sbarcare in un porto. Anche per soggiornare in Italia. La tassa per i comuni con centrali nucleare anche se il nucleare non c’è più. Le tasse sul fumo, sulla sigaretta elettronica e sugli alcolici. Non si può nemmeno provare a impietosire le autorità perché si pagherebbe la tassa sulle suppliche, quella per “istanze, petizioni, ricorsi diretti agli uffici dell’amministrazione dello Stato tendenti ad ottenere l’emanazione di un provvedimento”.
E dulcis in fundo le imposte da pagare tra tribunali, bar e diritti che ci dobbiamo finanziare, come il diritto allo studio:
per un ricorso ai tribunali si paga in base al valore dei processi, da 33 a 1.200 euro. Esiste l’imposta sulla birra e quella sui giochi; le concessioni governative e la tassa per studiare; i diritti alle Camere di commercio e la tassa sulle affissioni, l’imposta sugli spiriti e quella sugli zuccheri. Non si può nemmeno inventare un sistema alternativo: esiste, infatti, anche la tassa “sulle invenzioni” per brevettare nuove scoperte. Oltre ai diritti di brevetto ci sono quelli di segreteria e l’immancabile marca da bollo. Anche il desiderio di cambiare le cose è sottoposto al balzello.
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