ROMA – Tor Sapienza. “Sui campi rom Matteo Salvini ha ragione”, Internazionale. Pubblichiamo un articolo di Internazionale a firma Stefano Liberti, già cronista de Il Manifesto per cui ha svolto reportage sul tema immigrazione in cui, come già sintetizza il titolo, si propone una lettura se non scandalosa, molto provocatoria se giunge da sinistra, sulla rivolta violenta dei residenti del quartiere di Tor Sapienza a Roma contro la presenza dei campi rom (la protesta è stata innescata anche dagli alloggi in zona destinati ai rifugiati politici senza famiglia) e sula discussa visita del leader leghista al campo rom di Via Erbosa a Bologna.
Scandalo e provocazione perché, con nettezza e coscienza del problema, Liberti descrive impietosamente il fallimento delle politiche di accoglimento dei rom: i campi non funzionano, incentivano la ghettizzazione, pregiudicano ogni tentativo di integrazione, costano troppo drenando ingenti risorse che potrebbero essere più utilmente spese. E offrono una imperdibile opportunità per la stumentalizzazione da parte di politici come Matteo Salvini, più interessati a staccare il dividendo della paura più che a indicare soluzioni percorribili.
Matteo Salvini ha ragione. Andando al campo di via Erbosa a Bologna, ha posto un problema serio: l’insensatezza e il costo spropositato della politica dei campi.
I “villaggi attrezzati” per rom, come vengono definiti i campi messi in piedi dalle amministrazioni di alcune grandi città italiane, sono stati stigmatizzati da diverse istituzioni internazionali. “Una segregazione forzata su base etnica”, li ha definiti il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa.
I campi sono segreganti e costano un mucchio di soldi. Per dare un’idea, il “villaggio della solidarietà e dell’accoglienza” di via di Salone, a Roma, una distesa di container dove vivono ammassati circa mille uomini, donne e bambini rom, costa ai contribuenti 3,5 milioni di euro all’anno.
È una cifra del tutto spropositata rispetto al risultato raggiunto: quel campo, come gli altri sette che l’amministrazione capitolina ha costruito intorno alla città, per lo più in aree periferiche a ridosso e al di fuori del grande raccordo anulare, è fatiscente, inadeguato a una vita degna e isolato dal contesto sociale in cui è collocato.
Veri e propri ghetti moderni, i campi creano un meccanismo di “esclusione assistita”: i rom, allontanati dalla società circostante, vedono il mondo di fuori come minaccioso e si rifugiano all’interno delle mura recintate del loro “villaggio”. Inoltre, non pagando nulla né per l’alloggio né per le utenze, hanno scarsi stimoli a uscire dalla condizione di ghettizzazione in cui sono stati messi.
Quindi ha ragione Salvini: quei fondi andrebbero usati diversamente. Ad esempio per favorire reali soluzioni abitative per i rom, come prevede peraltro la “Strategia nazionale di inclusione dei Rom, Sinti e Camminanti”, adottata nel 2012 dal governo italiano.
La valanga di euro sperperati per il mantenimento dei campi (e per non risolvere il problema della ghettizzazione) potrebbe essere efficacemente impiegata in un percorso di inserimento socioabitativo delle famiglie rom, come è stato fatto in alcune altre realtà.
Al di là degli obiettivi politici della Lega, che ha identificato nello “zingaro” il nuovo nemico pubblico numero uno, le scriteriate e razziste incursioni di Salvini potrebbero avere un merito involontario: rilanciare il dibattito sull’inclusione dei rom, mai realizzata finora, e sulla necessità di superare il sistema segregante dei campi. (Stefano Liberti, Internazionale)
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