ROMA – Le colpe di Ignazio Marino e la strada in salita che lo stesso Marino ha aperto a Matteo Renzi sono il tema dell’editoriale di Marco Travaglio dal titolo “I nuovi mostri” pubblicato sul Fatto quotidiano del 10 ottobre 2015.
Secondo Travaglio, dopo le dimissioni di Marino ora la strada è in salita:
“Se l’“asticella Marino” vale per tutti, Renzi non deve più sfiorare Verdini, Barracciu e Castiglione neppure con una canna da pesca (e non solo loro, come dimostreremo domani). Se invece si alza per i nemici e si abbassa per gli amici, allora – per strano, anzi comico che possa sembrare – potrebbe perfino avere ragione Marino”.
Poi grande è anche la colpa di Marino, perchè uno che si mette di traverso sul secolare andazzo del Comune di Roma non può poi prestare il fianco a nessun critica, ben che minima, sul piano dell’etica:
“Proprio perché voleva bonificare il governo capitolino da decenni di malaffare, Marino doveva prevedere la reazione che avrebbe scatenato e mettersene al riparo con comportamenti inattaccabili, anzichè prestarvi il fianco a suon di gaffe, leggerezze, spese allegre e bugie puerili.
Per questo, senza minimamente sminuire le responsabilità di tutti i partiti nello sfascio di Roma, il fallimento di Marino è anzitutto colpa sua. Una colpa doppia, perché ringalluzzisce i sepolcri imbiancati dell’eterno magnamagna (fascisti e vecchi arnesi della Suburra esultanti in Campidoglio) e frustra le speranze di cambiamento di tanta brava gente, alimentando il cinismo di chi predica che la politica è e dev’essere una cosa sporca e chi la vuole pulita è un’anima bella da libro delle fiabe.
Ora però Matteo Renzi e tutte le correnti del Pd, che dopo mesi di stop and go hanno giubilato Marino alla vigilia del Giubileo, dovrebbero precisare il livello della nuova asticella morale: cioè chiarire quando e perché un amministratore pubblico si deve dimettere.
Marino –hanno spiegato –non è stato sfiduciato perché non sa governare Roma (altrimenti dovrebbe seguirlo un corteo di ministri, governatori e sindaci incapaci) e nemmeno perché la Procura ha aperto un’inchiesta contro ignoti sulle sue note spese (sennò il corteo diventerebbe legione). Ma perché ha mentito ai cittadini spacciando per istituzionali alcune cene (al momento sette) e venendo sbugiardato dai presunti commensali. Ed è giusto così”.