ROMA – “La Chiesa non è contro nessuno. Crede nella famiglia come è riconosciuta dalla nostra Costituzione e come corrisponde all’esperienza universale dei singoli e dei popoli: papà, mamma, bambini, con diritti e doveri che conseguono il patto matrimoniale. Applicare gli stessi diritti della famiglia ad altri tipi di relazione è voler trattare allo stesso modo realtà diverse: è un criterio scorretto anche logicamente e quindi un’omologazione impropria. I diritti individuali dei singoli conviventi, del resto, sono già riconosciuti in larga misura a livello normativo e giurisprudenziale”. Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, dice no alle unioni civili e, intervistato dal Corriere della Sera, affronta le polemiche sui rapporti Cei-politica e sull’immigrazione.
“Le polemiche non fanno mai bene a nessuno: esasperano gli animi e deformano la realtà. Mettere in evidenza alcuni aspetti problematici o critici non significa negare la complessità che è propria della vita, sia personale che sociale”, afferma Bagnasco. “Le comunità cristiane non vivono fuori dal mondo, ma respirano come tutti l’aria del tempo, di quella ’dittatura del pensiero unicò denunciata da papa Francesco. Formare le coscienze alla verità e alla bellezza del Vangelo rimane la missione a cui siamo chiamati. Le coordinate – aggiunge – rimangono il pieno rispetto della libertà religiosa e di quella laicità che, nell’esperienza italiana, salvaguardia e valorizza il fenomeno religioso in tutte le sue dimensioni”.
Su monsignor Galantino,
“mi ha telefonato da Trento per condividere la sua meditata intenzione di inviare il testo della relazione. Gli ho espresso il mio pieno accordo e il mio apprezzamento per tale scelta”, racconta il cardinale.
In tema di immigrazione,
“ho fatto riferimento all’Onu perchè il fenomeno con cui siamo chiamati a confrontarci è mondiale: è come se il Sud del Pianeta, costretto da circostanze ormai insopportabili, vedesse l’Occidente come l’unica sponda rimasta”, osserva Bagnasco.
“La tragedia di gente che muore dentro a una stiva, in una valigia, cacciata in mare è talmente grave e complessa che non può essere risolta nè da un singolo Paese e neppure dall’Europa che, comunque, deve fare molto di più. Nel contempo, è urgente da una parte aiutare i Paesi di provenienza e, dall’altra, perseguire con rigore scafisti e altri oscuri decisori che speculano sulla pelle dei disperati”.