ROMA – Comunicare con i nostri animali domestici è tutt’altro che facile, figuriamoci con gli alieni. Eppure, semmai l’uomo dovesse veramente entrare in contatto con forme di vita extraterrestri, deve essere consapevole che ha davanti a sé un grande scoglio da superare: il linguaggio, inteso come capire e farsi capire.
Prima della scoperta dell’America per noi europei gli alieni avevano fattezze umane: vennero considerate tali le popolazioni che abitavano oltreoceano. Per questo quando si partiva per un viaggio di esplorazione era fondamentale la presenza a bordo delle navi di un interprete, capace di comunicare con gli stranieri. Così fece Magellano nel XVI secolo, quando in partenza per il giro di un mondo ancora poco conosciuto, porto con sé Antonio Pigafetta, un vicentino di buona cultura, arruolato anche in funzione di mediatore linguistico.
Il problema della comunicazione con le forme di vita extraterrestri è inoltre uno dei problemi che più affascina i registi dei film di fantascienza. Il caso più recente è quello di “Arrival”, pellicola del 2016 diretta da Denis Villeneuve. La protagonista Louise Banks (Amy Adams) è una linguista selezionata per far parte di una squadra speciale, creata per analizzare le specie aliene nel sito degli Stati Uniti. Capirà che le sbavature tondeggianti che loro disegnano sono una forma di alfabeto evoluto.
Intanto la scienza da parte sua cerca forme più tecnologiche per entrare in contatto con eventuali “alieni intelligenti”. Uno dei mezzi con cui si potrebbe raggiungere tale scopo è il progetto Ska. Ne parla Giovanni Bignami su Repubblica:
“(…) Saremo capaci di captare una emissione radio da un pianeta di una qualunque di tutte le stelle entro trecento anni luce da noi (sono molte migliaia), inclusi i radar dei loro aeroporti, se li hanno. E possiamo anche cercare di inviare fasci laser, un po’ tipo messaggi nella bottiglia lanciati in cielo. Una versione moderna delle placche poste sulle sonde in viaggio fuori dal sistema solare: il laser è emesso in impulsi intensi ma brevi, ed è promettente grazie alla sua efficienza energetica. Ma cosa trasmettere, e soprattutto come interpretare una risposta, insomma come intendersi con E.T., rimane un problema di linguaggio. (…)”.