Nella prestigiosa università di Heidelberg, tempio della filosofia europea, si dilettano – per nobili finalità scientifiche naturalmente – a manipolare geneticamente i topolini, del tutto ignari delle sconvolgenti conseguenze morali derivanti dai risultati degli esperimenti.
A decidere se un individuo nascerà maschio o femmina non sono solo i cromosomi sessuali X e Y, ma il gene FOXL2 che si trova su un cromosoma non sessuale. Quando è attivo determina la nascita di un maschietto, mentre se è spento fa sì che possa nascere una femminuccia. Questa nuova evidenza scientifica stravolge vecchi assiomi e apre nuovi orizzonti culturali, sotto vari punti di vista.
In primo luogo comporta vaste implicazioni nel campo della medicina riproduttiva, dal trattamento dei disordini di differenziazione sessuale alla comprensione dei meccanismi della menopausa.
Sotto il profilo genetico viene inoltre confermata la supremazia del sesso femminile: oltre a essere più longevo e resistere meglio alle malattie, salta agli occhi che la vecchia favola della costola di Adamo è un mito semplicemente da capovolgere.
È dal punto di vista evolutivo però che sorgono i dubbi più intriganti: se la differenziazione sessuale è presieduta da un gene che non c’entra nulla con la riproduzione, a che serve il sesso? È del tutto evidente infatti che un giorno sarà possibile per le donne, come con i topolini di oggi, inibire il gene FOXL2 e riprodursi senza l’ausilio maschile.
La domanda che si pone a questo punto è: a che servono i maschi? A niente verrebbe da dire. C’è una consolazione: se il sesso non è più giustificabile come principio evolutivo, forse significa che il Padre eterno, o Madre Natura, o un disegno intelligente (?) ce l’hanno dato come un dono gratuito, non utilitaristico. Solo per il nostro piacere.
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