ROMA – Carte di credito di plastica? Nel 2025 saranno al massimo un articolo di modernariato: e non perché nel frattempo il contante avrà riconquistato le sue secolari prerogative. Semplicemente non serviranno più perché tutti i pagamenti verranno effettuati premendo un tasto sullo smartphone. L’obsolescenza di ciò che ci circonda dipende dalla velocità con cui le conquiste tecnologiche fanno presa sulle nostre abitudini e comportamenti.
E riguarda anche le persone (le funzioni che esercitano, s’intende): come i postini. Un cimelio saranno anche gli specchietti retrovisori o il groviglio di cavi e cavetti che infesta gli angoli delle nostre case. Tra le cinque cose che non vedremo più nel 2025, la speciale classifica dal Sole 24 Ore (ed è tutto dire) comprende, a mo’ di provocazione, anche l’attuale concetto di proprietà privata, sostituito dall’arrembante tendenza giovane di condividere, affittare e consumare ogni cosa giusto il tempo che ne abbiamo voglia o necessità invece che acquistarlo, occupare un garage, affollare gli scaffali in salotto (si pensi a Netflix o al car-sharing).
Carte di credito di plastica. Apple Pay, Android Pay e Samsung Pay, società che stanno implementando sistemi di pagamento digitali sempre più efficienti si incaricheranno di cancellare dalla faccia della Terra le piccole carte di credito attraverso le quali attingiamo alle nostre riserve vitali, i soldi. Tecnologia mobile o “wearable” saremo ancora più immuni da frodi e furti, semplici dati biometrici sostituiranno codici e password. Il fruscio del denaro contante echeggierà dalla notte dei tempi…
Specchietti retrovisori. Lasciamo perdere che già oggi molti automobilisti lo considerano tutto sommato un accessorio come un altro. E che già sono realtà sperimentali le auto che si guidano da sole. Lo specchietto retrovisore ha i giorni contati: telecamere posizionate alla bisogna vedranno per noi trasmettendo su un video frontale quello che accade dietro, di lato, fuori dalla nostra vista. Nel 2018 sarà obbligatoria negli Stati Uniti l’installazione di sistemi video che riprendano ogni fase della manovra e la trasmettano all’interno dell’abitacolo.
Postini. Sì, le mail hanno provocato l’estinzione di una civiltà che comunicava per corrispondenza. Ma per pacchi, plichi, cartoni…? Niente paura, un drone sta già sorvolando il tuo indirizzo.
Cavi e cavetti. Nel paradiso wireless che ci attende non li rimpiangerà nessuno, la nostalgia ne sarà impermeabile: con Bluetooth, Wi-fi, la tecnologia NFC (Near Field Communication) e chi più ne ha… non ci ricorderemo nemmeno di aver abitato un’esistenza in una jungla di cavi, riduttori, doppie spine e ciabatte.
Proprietà privata. Dal momento che si tratta di una provocazione (motivata e intrigante), facciamo parlare Enrico Marro del Sole 24 Ore che l’ha proposta.
Però quella della “sharing economy” è la direzione in cui già adesso stanno nuotando i nativi digitali, quelli che negli Stati Uniti chiamano “millennials”. Non hanno più i film in Dvd o la musica su Cd, ma le loro wishlist su Netflix o Spotify. Spesso non comprano ma si abbonano. Non muoiono più dal desiderio di possedere le colossali automobili-portaerei del vecchio sogno americano, così costose e inquinanti, ma sono per il car sharing. Magari da utilizzare con Uber. (Enrico Marro, Il Sole 24 Ore)