ROMA – Avete più di 55 anni e volete difendere il vostro posto di lavoro da giovani motivati, dalla crisi e dal prepensionamento? Il Financial Times ha stilato un “manuale di resistenza al lavoro” in cinque punti.
L’articolo di Michael Skapinker si rivolge al mondo anglosassone, un po’ diverso da quello italiano dove, come scrive Antonio Pascale sul Corriere della Sera, “tanti giovani bravi e preparati ma bloccati da anziani molto bravi a mantenere lo status quo”.
Il primo consiglio per gli over 55 è quello appellarsi alle leggi contro la discriminazione: vuoi cacciarmi perché sono over 50? È razzismo, ti faccio causa.
Il secondo suggerimento è di essere disponibili a viaggiare, visto che a quell’età la famiglia e il desiderio di stabilità possono diventare priorità sacrificabili. Un dipendente pronto agli spostamenti è sempre più appetibile.
Il terzo consiglio è quello di ridursi lo stipendio (ovviamente offrendo di lavorare meno ore).
Il quarto è quello di darsi da fare, essere inquieti e affamati, non seduti (un po lo “stay fool, stay hungry” di Steve Jobs): interessi, studi, volontariato, lavoro autonomo. Tutto quello che può riempire la giornata una volta usciti dall’ufficio.
Il quinto consiglio è di allenare il corpo e la mente: palestra e sudoku, per riassumerla in due concetti.
Cinque punti che stimolano questa riflessione di Antonio Pascale sul Corriere della Sera:
“Adesso possiamo sorridere di simili consigli, il sistema italiano appare più statico e dunque più protettivo, tuttavia la grande novità è che il lavoro sta radicalmente cambiando. […] Che succede? Succede che le macchine stanno per sostituire il lavoro dell’uomo. […]
Chissà quante competenze si perderanno per strada, sostituite dalle macchine — e chissà quante nuove competenze dovranno essere indirizzate per progettare le macchine. Di sicuro ci aspetta un sistema più dinamico. Come si dice in gergo, si avvicina un nuovo paradigma, e chissà se siamo preparati. In Italia poco. D’altra parte è vero: l’età media degli italiani si aggirerà intorno ai 48 anni. Tanti 48enni, pochi giovani. Un’età problematica. Si diventa lirici e si passa gran parte della giornata a rimpiangere i bei tempi andati, dunque si è meno pronti alle valutazioni, all’analisi, alle scelte. Mi sa che alcuni punti del pentalogo di Skapinker andrebbero riproposti e ritarati per il pubblico italiano degli over 40. Soprattutto la politica dovrebbe cercare nuovi temi di discussione e parole al passo con i tempi. Perché i problemi che verranno non li risolverà un uomo solo con i vecchi canoni novecenteschi. Bisognerà affrontare le sfide insieme, integrando analisi e conoscenze, insomma, cambiare paradigma: dall’idea statica di io a quella più dinamica (e più complicata) di noi”.
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