Violenza moderna, Villaggio: “E’ la risposta alla paura di essere invisibili”

Pubblicato il 25 Gennaio 2013 - 12:40| Aggiornato il 6 Maggio 2022 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – La dilagante violenza moderna è un modo per uscire dall’anonimato. Questa l’idea di Paolo Villaggio, che sul Fatto Quotidiano pubblica il suo “paura di essere invisibili“. Villaggio spiega che nell’antichità per guadagnarsi il Paradiso i personaggi importanti “fingevano generosità e amore per il prossimo. Oggi, continua Villaggio, la violenza è il modo per non passare inosservati. E’ la paura, spiega Villaggio, che spinge l’uomo moderno a comportamenti, anche violenti, perché le sue “gesta” lo strappino dall’anonimato.

Essere a tutti i costi, questo l’obiettivo dell’uomo, come spiega Villaggio sul Fatto Quotidiano:

“Nella cultura occidentale intorno ai 20 anni tutti sono ossessionati dall’idea di farcela alla grande. Intorno ai 30 chi rimane indietro passava allo spionaggio e alla delazione: Mata Hari. I più stupidi si infiltrano in tutte le guerre o rivolte a disposizione in ogni parte del mondo: Garibaldi, Che Guevara. Altri, meno fortunati, per paura dell’anonimato hanno usato i metodi più crudeli: terroristi, anarchici , brigate rosse.

I meno coraggiosi sono finiti a esercitare la santità nei mondi più poveri: in India e in Cina i missionari convertivano gli affamati con un pugno di riso ricattatorio o facevano lavorare gratis i lebbrosi a Calcutta: suor Teresa si era organizzata da viva la sua beatificazione, lasciando nell’ombra 180 consorelle. Anni fa, una signora belga che aveva passato 30 anni a Lambaréné, braccio destro di Schweitzer, alla mia domanda: “Com’era lui?”, lei solo dopo aver tracannato una bottiglia di vino rosso algerino: “Una carogna!”.

Una paura, quella di essere invisibili, che diventa feroce e che, scrive Villaggio, spinge anche gli ultras moderni alla violenza negli stadi, dei “gladiatori” che non combattono nell’Arena, ma nelle tribune.