Ultras Atalanta, “non è associazione a delinquere”. Giudice rivede l’accusa

Processo ultrà Atalanta, cade l'accusa per associazione a delinquere
La curva dei tifosi dell’Atalanta (LaPresse)

BERGAMO – “Non è associazione a delinquere. Non luogo a procedere perché il fatto non sussiste”. Con queste parole il giudice Patrizia Ingrascì ha in pratica scagionato i 6 ultrà imputati. Mentre il processo si farà per 140 imputati, accusati di un lungo elenco di reati ‘da stadio’.

Il giudice Ingrascì ha infatti ritenuto che ci siano elementi sufficienti per continuare l’iter giudiziario che porterà a stabilire le responsabilità sugli scontri di Atalanta-Catania e Atalanta-Inter (2009), sull’assalto a colpi di molotov e bombe carta alla Berghem Fest leghista che ad Alzano Lombardo, nell’agosto 2010, vedeva ospiti i ministri Calderoli, Maroni e Tremonti e l’aggressione al giornalista dell’Eco di Bergamo Stefano Serpellini, preso a spintoni e testate a pochi passi dal tribunale perché ‘colpevole’, secondo gli ultrà, di aver seguito un processo per detenzione di cocaina che vedeva un tifoso atalantino alla sbarra degli imputati.

Nella sentenza il giudice osserva come il reato associativo sia caratterizzato da tre elementi: “Il vincolo associativo, l’indeterminatezza del programma criminoso e l’esistenza di una struttura organizzativa”. Requisiti che secondo il gup “non possono ritenersi adeguatamente dimostrati attraverso le indagini”.

Il giudice di fatto ha accolto la tesi della difesa: gli ultrà non sono un’associazione finalizzata a commettere reati da stadio, come sosteneva il pm Carmen Pugliese, che valuta il ricorso in Cassazione.

 

 

 

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