ROMA – Ciro Ferrara respira, Gigi Delneri sprofonda: il derby della Lanterna dice Sampdoria. I blucerchiati si impongono per 3-1, abbandonano la zona retrocessione e soprattutto lasciano all’inferno, solo all’ultimo posto, il Genoa. Nella vittoria della Samp c’è tutto il campionario del derby: il nervosismo, la fortuna, la sofferenza e anche il sogno del ragazzino (Mauro Icardi) che segna un gol decisivo al suo debutto in serie A. Dall’altra parte c’è l’incubo per Cesare Bovo, autore di un autogol goffo di quelli che macchiano una carriera.
In avvio le squadre sono ovviamente contratte: dice tutto la classifica, ultima contro penultima, quattro sconfitte consecutive (quelle di DelNeri) contro sette sconfitte consuecutive (quelle di Ferrara). Ingredienti perfetti per un derby della lanterna “spenta”, con le squadre bloccate dalla paura. E’ quello che si vede nei primi dieci minuti, con più calci che calcio e tanti errori. E invece al quarto d’ora la Samp passa: Maresca tira (male) da fuori area, Poli sul filo del fuori gioco lo arpiona e fredda Frey da meno di 10 metri.
Per la Samp è una boccata d’ossigeno, per il Genoa la tensione diventa terrore. E infatti la squadra di Delneri non reagisce, non manovra mentre la Samp riesce a controllare. Fino al minuto 36 quando la Samp raddoppia: percussione e tiro di Icardi, Frey respinge e Bovo con il piatto destro mette malamente nella propria porta. Autogol goffo che diventa autogol da incubo perché fatto in un derby. Chiedere a Paolo Negro per credere: un suo autogol con la Lazio, in un derby, gli è stato “ricordato” dai tifosi della Roma fino a fine carriera. Ma se l’autogol di Negro fu incolpevole carambola quello di Bovo è colposa sciatteria: corpo messo male, indecisione sul da farsi. E poi, ma solo poi, ci si mette anche il pallone che rimbalza un attimo prima di finire sul suo piede.
Il Genoa ora vacilla e prima dell’intervallo potrebbe trovarsi sotto di 4 gol: Icardi e Munari, però, fanno rimpiangere gli assenti Maxi Lopez, Eder, Estigarribia ecc… Icardi tutto solo calcia debole e Frey la prende, Munari lanciato a rete si fa anticipare sempre dal portiere rossoblù. Se al riposo la partita ha ancora qualche speranza il Genoa lo deve al suo portiere.
In avvio di ripresa i rossoblù provano a metterci qualcosa di più e dopo 4 minuti Bertolacci libera Immobile il cui tiro è bloccato da Romero. Due minuti dopo Immobile crossa per Borriello che gira: Romero è pronto. Col passare dei minuti, però, la pressione si attenua: ci prova Jankovic su punizione al quarto d’ora.
La Samp sembra poter gestire e invece al minuto 28 il Genoa riapre la partita: mischia in area sampdoriana, Vargas tira due volte e la seconda conclusione finisce sui piedi di Ciro Immobile che supera Romero. A questo punto la Samp accusa il colpo anche perché Icardi, unica punta, non è al meglio. Ciro Ferrara gli chiede di resistere e fa bene. Intanto però il Genoa si rovescia nella metà campo della Samp e pur senza produrre occasioni nitide schiaccia i blucerchiati. Ma per i grifoni non è aria: la partita infatti la chiude Icardi, classe 1993, con un tiro a incrociare che supera Frey per la terza volta. Solo a questo punto Ferrara sostituisce il giocatore: standing ovation per il diciannovenne.
All’inferno, insomma, ci resta il Genoa con Delneri che incassa la quinta sconfitta in altrettante partite. Grifoni ultimi e panchina decisamente traballante. Respira, invece, Ciro Ferrara che si rialza nell’occasione più importante. La classifica ora dice 14: non sono tanti punti ma questi ultimi tre pesano come macigni.
Le altre partite. Tra le inseguitrici della Juve, alla fine, ride soltanto la Fiorentina, vittoriosa 4-1 sull’Atalanta. E’ chiaro, a Firenze firmerebbero con il sangue per un terzo posto, ma se la Fiorentina riesce a fare bottino pieno in modo regolare anche senza Jovetic perché non sognare un po’. Il 4-1 sull’Atalanta, poi, è netto anche se in parte bugiardo. Perché per tutto il primo tempo l’Atalanta gioca alla pari, risponde con Bonaventura (in fuorigioco) all’iniziale gol di Gonzalo Rodriguez. Poi, nel finale di prima frazione, gli episodi che aprono in due la partita: i due gol di Aquilani con in mezzo l’espulsione di Cigarini per un fallo su Quadrado lanciato a rete. Episodi che di fatto rendono inutile il secondo tempo: l’Atalanta in 10 pensa solo a limitare i danni e prima del finale c’è gloria anche per Luca Toni, in gol in avvio di ripresa. I viola agganciano il Napoli a quota 27, la Juve è cinque punti più su, l’Inter appena uno. Perché non crederci?
Chi sembra crederci meno proprio nel momento in cui l’impresa non sembrava così impossibile è l’Inter che rischia di perdere, si fa bloccare sul 2-2 dal Cagliari e perde un’occasione d’oro per dimezzare lo svantaggio dalla Juventus. I punti di distanza erano e restano 4. L’Inter, a dire il vero, protesta ferocemente per un presunto fallo su Ranocchia proprio nel recupero. La sostanza, però, non cambia: dopo l’impresa di Torino qualcosa nella macchina di Stramaccioni (oggi espulso per proteste) sembra essersi inceppato, con un solo punto in due partite e cinque gol incassati. Due oggi ne ha fatti l’uomo del giorno, Marco Sau, 25 anni, alla prima stagione in A dopo secchiate di gol fatte in Lega Pro e serie B. E Sau, 4 gol in 7 gare, fa tremare l’Inter con una doppietta che rovescia il vantaggio iniziale di Palacio. Alla fine, per raddrizzare tutto serve un autogol nel finale, quello di Astori. Poi è assedio dell’Inter, con giallo per un fallo su Ranocchia che sembra tale e sembra in area. Stramaccioni non la prende bene e con lui il presidente Moratti. Ma l’Inter non può fermarsi solo all’arbitro: il Cagliari, per 80 minuti, ha giocato praticamente alla pari.
Piccolo balzo in avanti del classifica anche per il Catania che supera 2-1 il Chievo. A decidere la gara, dopo un tempo di pressione costante ma sterile, è una doppietta di Almiron: prima con la testa e poi col piede. Il gol dei veronesi, invece, arriva troppo tardi: una zuccata di Andreolli quando mancano solo 30 secondi alla fine del recupero. Per il Catania, ora, i punti sono 19 e il posto, aspettando il posticipo di lunedì tra Roma e Torino è il sesto. Alle pendici dell’Etna possono essere soddisfatti. A Verona un po’ meno: 11 punti sono pochi e il Chievo è nel “mucchione” delle pericolanti.
Piccoli passi, invece, per Udinese e Parma che pareggiano 2-2. A essere contenti, ovviamente, sono soprattutto i giocatori di Donandoni, vuoi per il punto rimediato in trasferta, vuoi per il gol arrivato nel finale e realizzato da Palladino. L’Udinese, invece, recrimina per aver due volte sciupato il vantaggio. Rispetto all’inizio va meglio ma questa stagione non vuole decollare.
A quel mucchione si aggrappa, salvando probabilmente la panchina di Pioli, anche il Bologna, nettamente vittorioso 3-0 sul Palermo. Al Dall’Ara la partita non ha storia. Il Bologna passa dopo 20 minuti con Gilardino e raddoppia subito prima della fine del primo tempo con Gabbiadini su rigore. In avvio di ripresa altro rigore e altro gol, stavolta di Diamanti. Su quell’azione il Palermo resta in 10 per l’espulsione del portiere Ujkani. E’ l’inizio di una raffica di cartellini rossi: alla fine il Palermo Barreto e Labrin finirà in otto (fuori Barreto e Labrin) e il Bologna in 10 (fuori Labrin). Di 11 così restano solo i punti, sia del Bologna sia del Palermo.
Un punto sotto, causa penalizzazione, c’è il Siena che vince di misura l’altro scontro salvezza col Pescara. L’1-0, però, va stretto ai toscani mentre il Pescara, con Vucusic, sbaglia un rigore. A fine gara il più amareggiato di tutti è l’ex tecnico degli abruzzesi Stroppa. Ex perché l’allenatore, più volte discusso, entra negli spogliatoi solo per dire che si dimette visto che la squadra “non ha fatto quanto gli era stato chiesto”. Dimissioni irrevocabili e il Pescara, ora, hanno anche il pensiero del nuovo allenatore.
Nelle partite di sabato, due big match, erano arrivati altrettanti pareggi: quello senza reti tra Juventus e Lazio, e il 2-2 in rimonta del Milan sul campo del Napoli. A conti fatti, tra le prime della classe l’unica che ha guadagnato qualcosa, e su tutte le altre, è la Fiorentina.