ROMA – “Togliamo i soldi alla Rai”: questa la proposta di Maurizio Belpietro, direttore di Libero, nell’editoriale del 27 dicembre. L’idea è quella di abolire il canone Rai con un referendum. Appare ovvio che usare il referendum per abolire una tassa non sarà possibile, ma l’escamotage esiste e Belpietro se ne fa portavoce. L’obiettivo è abrogare la legge che assegna alla Rai di viale Mazzini il titolo di “servizio pubblico”, come spiega Belpietro: “Del resto sulle reti pubbliche oltre a balletti e reality trash c’è poco da vedere che giustifichi il versamento di un’imposta a favore del servizio pubblico”. Il risparmio per lo Stato italiano, secondo il direttore di Libero, sarebbe di ben 1,6 miliardi di euro. Soldi che vengono intascati “dall’azienda televisiva più sprecona d’Europa”.
Nonostante il canone Rai sia la tassa più odiata e più evasa dagli italiani, il suo importo negli ultimi 16 anni è aumentato di 19 euro. Evaderla poi costituisce un reato da quando nel 1990 fu approvata la legge Mammì, che eliminò il canone Rai introducendo al suo posto una tassa sul possesso della televisione e che nel tempo è divenuta un’imposta anche per il possesso di computer e tablet, cioè per qualunque dispositivo che riceva immagini. E se l’abolizione della tassa di possesso di tv è impossibile per il cittadino, abrogare la legge del 1975 che definisce la Rai una società per azioni che svolge servizio pubblico è una decisione che spetta al popolo elettore. Le parole di Belpietro offrono poi una seducente proposta per un nuovo e felice 2012, con il minimo dell’impegno: “Basterebbe una crocetta su una scheda elettorale e sessant’anni di sculettamenti a destra e sinistra sarebbero finiti”.
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