Rai, 300mila€ per mezz’ora a Celentano: ha senso nell’Italia in crisi?

Adriano Celentano (lapresse)

ROMA – Nell’Italia che stenta ad arrivare a fine mese e si affanna ad uscire dalla crisi, cercando di barcamenarsi tra casa, lavoro e tasse da pagare, succede che Adriano Celentano vada al Festival di Sanremo.

Succede soprattutto che la Rai lo paghi 300 mila euro a puntata (dopo giorni di capricci su spot e testi concordati), dandogli fior di quattrini per pochi minuti di show con monologo sul palco dell’Ariston. Ma accade anche che a un certo punto gli italiani si indignino e si lamentino di fare sacrifici e pagare il canone per quella mamma Rai che poi elargisce migliaia di euro all’ex ragazzo della via Gluck.

La lamentela diventa sfogo messo nero su bianco nelle lettere ai quotidiani e nei commenti su Facebook. Il signor Francesco Rellecati da Alessandria decide di scrivere al direttore de La Stampa Mario Calabresi. Il suo ragionamento non fa una piega:

Qualche giorno fa ricevo, puntuale come un orologio svizzero, la lettera della Rai che mi invita a pagare il canone entro fine mese. Leggo poi su «La Stampa» che a Celentano la stessa Rai elargirà 300 mila euro a puntata al Festival di Sanremo (10 mila euro al minuto per mezzora di moralismo celentanesco, tanto quanto un operaio percepisce in nove mesi di duro lavoro!), con un massimo di 750 mila euro per l’intera durata del Festival. Ciò mi lascerebbe indifferente se non fosse che, ad elargire quell’assurdo compenso, provvedo anch’io con il pagamento dell’aumentato canone. Al riguardo chiedo solamente che i miei soldi non vengano sprecati in quel modo! Che vergogna.

Stesso tono, stesso fastidio quello espresso da Elio Ginesi da Campobasso, sempre al direttore Calabresi. Il lettore de La Stampa si chiede:

La crisi non esiste per la Rai? Per partecipare a Sanremo, a Celentano verranno corrisposti 300 mila euro a puntata, per proferire un’ora di banalità! Un ricco démodé, che ha stancato i telespettatori di vecchie e nuove generazioni. Un lavoratore, per avere lo stesso compenso, deve lavorare più di dieci anni; ci sono pensionati che vivono con 500 euro al mese; l’ultimo a.d. nominato da un’importante banca italiana percepirà sei milioni in due anni, pari a 250 mila euro al mese. Fino a quando dovremo sopportare che la Rai sperperi in tal modo il canone corrisposto dagli abbonati tv?

Su Affaritaliani Pietro Mancini chiama in causa direttamente il premier Mario Monti:

Non ci si può non chiedere, e non girare la domanda al premier, Mario Monti, impegnato in un’opera di risanamento dei conti pubblici, di riduzione dei costi della politica e di pesanti sacrifici, richiesti ai cittadini : è proprio opportuno che la RAI sganci 300 mila “sghei” del nuovo conio, come direbbe Paolino Bonolis, per pagare una comparsata di 40 minuti, che arriverebbero a 700 mila, qualora Adriano concedesse il bis nella kermesse canora di Sanremo ?

Su Agoravox Italia, megafono del malcontento del Paese, Nicola Spinella critica il “bell’assegno per le sparate sanremesi” che Celentano è pronto a intascare e attacca:

Un vero e proprio smacco alla povertà, e a tutti quegli italiani che ormai non hanno più cinghie da stringere: così dev’essere sembrato, a buona parte dei contribuenti, il contratto che Celentano ha sottoscritto con i vertici di Viale Mazzini. L’evento c’è, il personaggio anche, i temi da affrontare non mancano. Sicuramente, al pari di tanti altri dal cachet d’oro, Celentano è uno di quei nomi che può far lievitare la richiesta (ed il costo) di preziosi secondi promozionali all’interno degli spazi pubblicitari. E’ un meccanismo perverso: la tv di stato, finanziata con il canone, reputa opportuno pagare (profumatamente, ma questa è un’opinione!) un personaggio che dovrebbe garantire un sicuro ritorno in termini di ascolti, nonché una vendita assicurata degli spazi pubblicitari. Tutto questo avviene in un’epoca in cui la scelta principale è tra il pagare le tasse (e salvare la casa dalle grinfie di Equitalia) e il mettere qualcosa in tavola. Come dire, è inutile sforzarsi a cercare di acquisire nuovi clienti: i consumatori sono ridotti alla fame, siamo in piena recessione, la pubblicità del Festival non riuscirà a far sorgere l’impulso all’acquisto, semmai quello all’indebitamento!

Su Facebook, social network di approdo di sentimenti e proteste d’Italia, in tanti hanno condiviso le critiche di Carlo Fatuzzo, segretario nazionale del partito pensionati, come riporta il sito Universy

In questi tempi di crisi offrire ad un personaggio televisivo un cachet stellare di 750 mila euro (massimo!) per pochi minuti di trasmissione è pari ad uno schiaffo a tutti quelli senza un lavoro, in cassa integrazione, in situazioni di difficoltà economica e con figli e famiglie a carico.

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