“Saviano perché non mi citi?”: lettera di Rossi per il monologo su Casale

Pubblicato il 18 Maggio 2012 - 13:26 OLTRE 6 MESI FA

Fabio Fazio e Roberto Saviano a "Quello che (non) ho"

ROMA – “Saviano perché non mi citi?”. La (lecita) richiesta arriva da Giampiero Rossi, giornalista e scrittore dei libri “La lana della salamandra” e “Amianto”. Nel programma tv “Quello che (non) ho” del 16 maggio in onda su La7 lo scrittore Roberto Saviano ha citato nel suo monologo passi dei libri-inchiesta di Rossi sull’Eternit e la “convivenza” con l’amianto nella città di Casale Monferrato con l’amianto. In una lettera pubblicata sul Fatto Quotidiano Rossi chiede a Saviano, che ha chiesto un risarcimento milionario al Corriere del Mezzogiorno per diffamazione e si è eletto paladino dei diritti e della giustizia, perché la fonte del suo monologo non sia stata citata.

Rossi nella lettera spiega di non aver trovato “piacevole” la “mancanza di riconoscimento”, e ricorda a Saviano: “Tu lo sai bene, fare un’inchiesta, una ricostruzione storica, un racconto completo di vicende complicate ed enormi,  come questa, comporta davvero tanta pazienza, volontà, tempo, passione. Perché, dunque, non riconoscere a chi ha investito tanto, almeno la paternità di quel suo lavoro?”.

I particolari che Saviano ha utilizzato nel suo monologo non sembrano essere pochi. Il Fatto Quotidiano ha messo a confronto alcuni passaggi tratti dal monologo di Saviano con e dai libri di Rossi. Episodi che Rossi racconta dopo aver parlato con gli abitanti della città e seguito le vicende di Casale per anni, e che solo lui ha registrato nella quotidianità degli abitanti di Casale. Saviano dice: “Mario la invita subito a fare una passeggiata e ad andare al cinema, a vedere “Ninotchka”, perché Romana ama Greta Garbo. Mario quel film l’ha già visto, ma lo rivede per portarci lei”. Nella libro di Rossi a pagina 24 de La lana della salamandra si può leggere la storia di Mario, raccontata a Rossi da Romana Blasotti Pavesi: “Andammo a vedere “Ninotchka”, perché a me piaceva tanto la Greta Garbo ma poi venni a sapere che lui lo aveva già visto”.

Anche la frase di Saviano “quando viene aperta la fabbrica, Casale è conosciuta per i tartufi, i vigneti di Barbera, e i Krumiri“, potrebbe non somigliare a “Fu nell’ambito di quel processo di espansione che avvenne l’insediamento a Casale, in una terra ancora contadina, terra di tartufi, di vigneti di Barbera, Freisa e Grignolino, che assieme ai “Krumiri Rossi” avevano fama ben più ampia dei confini del Monferrato”. Ma per Rossi si trata di “piccole chiavi di lettura germinate spontaneamente, da sole, mentre il libro veniva scritto” di cui Saviano ha fatto uso.

Rossi scrive: “Ripeto, mi fa piacere che certe immagini siano risultate valide anche per il tuo racconto televisivo, però ti chiedo: cosa accadrebbe se domani in un mio libro, o in un articolo utilizzassi frasi, immagini ed episodi tratti da Gomorra amalgamandoli a un mio scritto senza dire che li ho presi da un tuo lavoro? Ci sono questioni più gravi e più serie, certo, ma almeno tra chi si spende per importanti battaglie etiche e culturali ci si attende condotte coerenti. In questo caso “la macchina del fango” non c’entra. È solo una questione di correttezza”.

Le parole di stima di Rossi a Saviano, a cui si rivolge chiamandolo “Roberto”, sono ribadite dal giornalista, che gli augura “Buon lavoro”, ma gli ricorda che citare il suo libro, da cui il monologo sembra aver ripreso molti passaggi, sarebbe stato facile e soprattutto gradito.