ROMA – Non è bastata la campagna mediatica, la pubblicità, le polemiche, la personalizzazione del programma neanche fosse un piccolo Berlusconi, l’autocelebrazione. Alla fine il programma di Sgarbi è morto ed è morto per noia. Noia del telespettatore che alla fine decide, esattamente come l’elettore che fa traballare il governo. Effetti collaterali della democrazia, in fin dei conti anche la tv è una forma di democrazia. E alla Rai, come alle urne, sono le percentuali che ti rendono vittorioso o perdente.
L’8,27% di share non ti salva se sei in prima serata su Rai1. E infatti il nuovo direttore generale Lorenza Lei ha aspettato i dati del mattino per cassare subito l’avventura televisiva del critico d’arte. Doveva andare in onda registrato, ma siccome Sgarbi non lo si può addomesticare alla fine ha ottenuto la diretta. Battage pubblicitario anche quella polemica? Se dai una prima serata a uno come lui, lasciando mano libera su scaletta e argomenti, non puoi stare troppo a badare alle parolacce e agli strepiti, e infatti tempo qualche ora e subito aveva ottenuto la retromarcia della Rai. Sgarbi in onda in diretta.
A parlare di che? Di Dio, apriti cielo, e siccome su quello non si scherza alla fine Sgarbi per dispetto non ha parlato del Padre, ma del padre… Anticonformista da cortile lo ha definito Fabrizio Bocca sull’Espresso. Per il resto, un monologo come prevedibile, compresa un’autodifesa autocelebrativa della durata record di 12 minuti: la vicenda è quella nota di Salemi e lui ha detto che con le pressioni mafiose non c’entra niente.
Niente effetto traino per le sortite a effetto dei giorni precedenti, nemmeno la preconfezionata polemica con la Rai. ”Il fatto è che cominciamo. Vogliamo mostrare ciò che l’Italia è, la sua grandezza, non il male, non il pettegolezzo, non il vizio di cercare il male degli altri, vorremmo far vedere il bene”. Dice lui entrando in scena, poi chiama a raccolta un largo pantheon di ‘padri’, da Pasolini a Cossiga, Federico Zeri,(”Mi scuso per averlo maledetto”) e ancora, Carmelo Bene, Walter Chiari, Buster Keaton (”Il Piero della Francesca del cinema”), il Renzo Arbore di Quelli della notte. Richiama alla memoria le sue invettive televisive, le liti in diretta, gli improperi, mostra gli spezzoni tv, fa autocritica.
Sì, ma sempre di monologo si tratta, un genere recentemente rispolverato dalla Rai, ma solo se in bocca a anticonformisti filogovernativi. Anche Giuliano Ferrara da mesi ha il suo spazio personale su Rai1, ma almeno ha il dono della sintesi. Pochi minuti e passa la paura. Due ore di Sgarbi invece alla fine hanno fatto collassare anche lo spettatore più serafico.
In termini di ascolti ha fatto di più Chi l’ha visto? su RaiTre, davvero troppo per una prima serata. Passa la nottata e già al mattino il direttore generale Lei manda a casa Sgarbi, sottolineando che la decisione è condivisa dal conduttore. Dell’esperienza sopravviverà forse la polemica, l’ennesima, sul titolo. Doveva essere “Il mio canto libero” ma era pronta battaglia con gli eredi di Battisti, poi lui propose “Forza Italia” ma sarà sembrato inutilmente provocatorio. Quindi l’estrema ratio, già che ci siamo personalizziamo anche il titolo: “Ora ci tocca anche Sgarbi”, nome ufficializzato con relativo spot che vedeva lui legato e imbavagliato alla sedia. Ma alla fine viene da chiedersi, chi è che ha voluto Sgarbi sulla Rai?
Non pago, Sgarbi il day after ha avuto a disposizione un’altra tribuna per un ulteriore monologo. Conferenza stampa convocata d’urgenza per spiegare le ragioni di un flop, curiosa circostanza questa. Sgarbi sintetizza: il tonfo c’è stato ma non per i contenuti che nell’intenzione volevano portare in tv la tradizione della terza pagina dei giornali, quella della cultura. Il fatto è che sui Rai Tre si parlava di Melania Rea e quindi non c’è stato match. La colpa non è sua insomma se il telespettatore intorpidito cerca emozioni con la cronaca nera.