Tre anni in più per andare in pensione, la legge più nascosta del mondo

Pubblicato il 20 Aprile 2010 - 16:17| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Un incontro fra Governo e parti sociali

La legge c’è, votata e timbrata. Ma nessuno o quasi l’ha “digerita” davvero. Si fa come se non ci fosse, come se quella legge fosse teoria e non già vita vissuta. E’ la legge che cambia i numeri proprio della vita, cambia infatti il tempo, gli anni del lavoro e della pensione. La legge dice che dal 2015 si va in pensione di vecchiaia a 65 anni e tre mesi per gli uomini e a 60 e tre mesi per le donne e che la pensione di anzianità scatta a 62 e tre mesi per i lavoratori dipendenti e a 63 anni e tre mesi per i lavoratori autonomi.

Finito qui? Anche fosse finita qui, non sarebbe poca cosa per un paese abituato alla pensione di anzianità di fatto 60 anni e anche prima ed ad una pensione di vecchiaia che scatta in media tra i 62 e i 63 anni di età. Nell’uno e nell’altro caso la legge prevede ed ordina un paio di anni in più di permanenza al lavoro. Un paio di anni in più rispetto alla media reale. Ma non è finita qui: nel 2020 i 65 anni e tre mesi diventano 65 anni e undici mesi (60 anni e undici mesi per le donne). E i 62 anni e tre mesi per la pensione di anzianità diventano analogamente 62 anni e undici mesi.

Nel 2025 altro “scatto”: per la pensione di vecchiaia gli uomini dovranno avere 66 anni e sette mesi (le donne 61 anni e nove mesi) e la pensione di anzianità non prima dei 63 anni e sei mesi. Nel 2030 pensione di vecchiaia a 66 anni e undici mesi (donne 62 anni e tre mesi) e quella di anzianità a 64 anni. Nel 2035 pensione di vecchiaia a 67 anni e sei mesi per gli uomini e 62 anni e nove mesi per le donne, pensione di anzianità a 64 anni e sei mesi. Nel 2040 pensione di vecchiaia a 67 anni e dieci mesi (63 anni e quattro mesi per le donne), pensione di anzianità a 65 anni. Infine nel 2045 pensione di vecchiaia a 68 anni e cinque mesi (donne a 64 anni) e pensione di anzianità a 65 anni e quattro mesi.

In trenta anni, nei prossimi trenta anni, il limite, la condizione anagrafica per andare in pensione sale di tre anni e due mesi se è pensione di vecchiaia, di tre anni e nove mesi se si è donne e la pensione di anzianità sale di tre anni e un mese. Ciò che oggi appare incredibile e che spesso desta sorrisi di incredula ostilità, cioè la pensione a 68 anni, 65 e passa se per anzianità, è già legge scritta.

Vero che manca il decreto di attuazione della legge, il governo ha tempo fino a tutto il 2014 per redigerlo. Ha tempo dunque, ma ha anche l’obbligo di farlo. L’atteggiamento complessivo delle forze politiche, della pubblica opinione, dei giornali, della gente comune è quello di puntare tutto sul tempo dimenticandosi oppure omettendo l’obbligo. In maniera indistinta e perfino inconscia si spera che poi alla fine e davvero non accada, non possa accadere. Eppure il principio per cui con l’allungarsi della vita media si andrà per gradini in pensione più tardi è già scritto nella legge, oltre che nella realtà della demografia e dell’economia. Il perché è perfino ovvio: se lavori 35 anni e vai in pensione a 60 anni e se incassi la pensione fino a 85 e passa anni, nessun sistema potrà pareggiare il costo di 25 anni di pensione che incassi con i 35 anni di contributi versati.

Tanto ovvio, quanto rimosso. Provate a chiedere ad un italiano: lo sai che tuo figlio andrà in pensione a 68 anni, oppure lo sai che tu quarantenne andrai in pensione a 66 anni? L’italiano tipo, l’italiano medio ti guarderà come un importuno profeta di sventure che non verranno. In psicologia si chiama rimozione, in politica si chiama opportunistico silenzio. E’ così, non può che essere così ma nessuno ha il coraggio civile di rendersene conto o di assumersene la responsabilità. E’ la legge già scritta e votata più nascosta del mondo. Nascosta da chi non ne parla, nascosta da chi non vuol sentire.