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Bolsonaro, ultras incriminati col Dna dei bisogni fatti in Parlamento, lui rifugiato in Florida, sarà espulso? sarà processato? dimesso dall’ospedale

Jair Bolsonaro come andrà a finire? Per ora è in Florida, dove attende gli eventi.

Lo processersnno per i disordini seguiti alla sua sconfitta elettorale? Intanto lo hanno dimesso dall’ospedale di Orlando, Florida, dove era stato ricoverato con dolori addominali un giorno dopo che i suoi sostenitori hanno preso d’assalto il Parlamento e le sedi delle più importanti Istituzioni del paese con l’obiettivo dichiarato di rovesciare il nuovo governo democraticamente eletto. Per questo ora rischia di finire sotto inchiesta. 39 suoi seguaci sono gà sotto processo.

Centinaia di sostenitori dell’ex Presidente hanno marciato su Brasilia devastando i tre edifici del governo e dell’Alta Corte, chiedendo l’annullamento del risultato delle elezioni del 2022. I manifestanti hanno causato notevoli danni rompendo porte e finestre, distruggendo opere d’arte di valore inestimabile e rubando apparecchiature informatiche.

Le forze di polizia di Brasília, dopo aver ripreso il controllo delle sedi governative, hanno arrestato oltre 1.200 persone per il loro coinvolgimento negli eventi.

Il Governo brasiliano, vista la portata degli scontri, ha dichiarato che il materiale organico lasciato dai rivoltosi all’interno del palazzo presidenziale, del Congresso e della Corte Suprema, sarà utilizzato per identificare attraverso analisi del DNA coloro che domenica hanno preso d’assalto gli edifici governativi della capitale Brasília. Ha dichiarato Paulo Pimenta, ministro delle Comunicazioni.

Luiz Inacio Lula da Silva ha vinto le elezioni di ottobre 2022 con uno stretto margine e mentre dall’estero arrivavano i riconoscimenti, Bolsonaro taceva dopo aver dichiarato di non accettare il risultato. Nel frattempo i suoi sostenitori iniziavano a manifestare contro presunte irregolarità nel voto.

Il Governo di Lula, democraticamente eletto, si è mosso velocemente di fronte al tentativo di golpe riconoscendo come anche tanti agenti di polizia siano rimasti inerti mentre i manifestanti si abbattevano sugli edifici governativi. Il tentativo è stato poi sventato dall’intervento dei militari ed ha portato al licenziamento del capo della sicurezza pubblica della capitale, Anderson Torres, ex ministro della Giustizia di Bolsonaro, da parte del governatore di Brasilia, Ibaneis Rocha.

L’ufficio del procuratore generale ha, inoltre, chiesto alla Corte Suprema l’emissione di mandati di arresto per Torres e per tutti i funzionari pubblici responsabili di “atti e omissioni” che hanno portato ai disordini e l’autorizzazione all’uso di “tutte le forze di pubblica sicurezza” al fine di reprimere le proteste.

In una riunione congiunta del presidente Lula con i leader di entrambe le camere del Congresso e con il presidente della Corte Suprema hanno definito le proteste come atti terroristici e vandalismo criminale e golpista quanto è avvenuto domenica a Brasilia.

Mentre negli USA il Presidente Joe Biden deve far fronte alla crescente richiesta di rimpatriare Bolsonaro dal suo autoesilio di Orlando, nel mondo si susseguono le condanne al tentativo di golpe. I leader di Russia e Cina hanno condannato duramente i disordini e appoggiato Lula.

La Spagna avverte che quegli estremisti rappresentano la più grande minaccia per la democrazia e che si individuano “tracce di trumpismo” nei comportamenti dei sostenitori di Bolsonaro. Dalla Gran Bretagna, attraverso le parole del suo leader Rishi Sunak, arriva il pieno sostegno al nuovo governo liberamente eletto del Presidente Lula, così come i leader di Stati Uniti, Canada e Messico hanno parlato di “attacchi alla democrazia brasiliana e al trasferimento pacifico del potere”.

Il presidente del Messico Lopez Obrador, Joe Biden e il primo ministro canadese Justin Trudeau hanno rilasciato una dichiarazione congiunta, anche in vista dei colloqui previste a Città del Messico in questi giorni, con la quale affermano di “essere al fianco del Brasile nella salvaguardia delle istituzioni democratiche”.

 

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