Attenti all’acqua del rubinetto. L’ha usata un uomo in Florida per fare abluzioni e sciacquare i seni paranasali ed è morto a causa della ameba mangia-cervello, la Naegleria fowleri.
E attenti anche a fare il bagno in piscine poco curate e con poco cloro. L’acqua sale nel naso nuotando o tuffandosi e i rischi sono alti.
La notizia è stata resa nota dal Dipartimento della Salute della Florida che ha invitato il pubblico a non utilizzare mai l’acqua del rubinetto, seppur filtrata, per effettuare risciacqui nasali ed optare, invece, per acqua sterile certificata e preconfezionata o soluzione fisiologica.
L’infezione da Naegleria, infatti, si contrae solo attraverso il setto nasale. Nulla da temere, invece, se si beve l’acqua del rubinetto.
L’infezione che può essere causata dalla c.d. ameba mangia-cervello è chiamata meningoencefalite amebica primaria (PAM). È rara ma quasi sempre fatale.
L’uomo, di cui non è stata resa nota l’identità, è deceduto il 20 febbraio scorso dopo aver utilizzato acqua del rubinetto non bollita e contratto l’infezione.
È il primo caso di morte causata dall’ameba mangia-cervello di quest’anno. Inoltre, è il primo in assoluto negli Stati Uniti, quantomeno tra quelli riportati, avvenuto durante i mesi invernali.
L’ameba mangia-cervelli si trova più comunemente in acque dolci e calde come laghi, fiumi e sorgenti calde ma anche in piscine poco curate o con poco cloro dove si nutre di batteri.
Per evitare di contrarre l’infezione, l’acqua deve essere sterile e che il filtro Brita non è sufficiente se si utilizza acqua non sterilizzata. L’acqua sterile certificata e preconfezionata è reperibile in farmacia o in drogheria.
Sintomi dell’infezione da ameba mangia-cervello
I sintomi iniziano generalmente a manifestarsi da 1 a 9 giorni dopo l’abluzione nasale. Tra questi si registrano:
- forti mal di testa, febbre, nausea e vomito nel primo stadio;
- torcicollo, convulsioni, alterazione dello stato mentale, allucinazioni e coma nel secondo stadio.
Molte persone muoiono entro 18 giorni dopo aver contratto l’infezione. Secondo un rapporto del CDC tra il 1962 e il 2020, solo quattro persone su 151 negli Stati Uniti che hanno contratto l’infezione sono riuscite a sopravvivere.