Adesso ci si domanda se Elly Schlein sarà capace di salvare il Partito Democratico. La sensazione è che nemmeno Henry Kissinger sarebbe in grado di farlo, tuttavia, la neo segretaria, potrebbe sorprendere anche i suoi più accaniti detrattori.
Il Pd, per come taluni dei fondatori l’avevano immaginato, non è quasi mai esistito. Nei suoi sedici anni di vita è stato terreno di conflittualità, talvolta anche drammatiche, tra correnti ed interessi contrastanti, un continuo moto autodistruttivo che può essere giustificato solo dalla prospettiva di un ceto politico che troppe volte ha guardato più al destino della propria carriera che a quello del Pd.
Dell’idea di un grande partito riformista nel centrosinistra, capace di affrontare le sfide del mondo contemporaneo e per la quale molti militanti hanno dato corpo e anima per realizzarla, si è visto veramente poco.
Dunque può Elly Schlein cambiare il destino di questo partito senza scivolare nell’accanimento terapeutico?
È ancora presto per dirlo, tuttavia alcuni ragionamenti si possono già fare.
Il primo, e certamente quello più importante, riguarda la linea politica.
Se Elly Schlein tenterà di tenere insieme le varie anime del Pd, il destino della sua segreteria sarà inevitabilmente segnato. Dovrà avere coraggio, fondare posizioni politiche su logiche diverse da quelle passate. Esiste in questa prospettiva la possibilità che si producano insanabili divergenze, forse anche definitive, che potrebbero portare alla fuoriuscita di alcune componenti- Ma le vicende politiche italiane di questa ultima decade insegnano che le leadership ed i programmi si formano guardando più alle reali necessità dei cittadini che alla sopravvivenza di un ceto politico.
Il rischio di pestare i piedi al Movimento 5 Stelle, o meglio, di creare un quasi doppione, è molto alto.
La Schlein dovrà misurarsi con questo problema. Più sarà capace di costruire con Giuseppe Conte una relazione politica positiva e non competitiva, più alte saranno le possibilità di una sua affermazione.
Un trasbordo di voti dal Movimento 5 Stelle al Partito Democratico servirebbe solo a cambiare i rapporti di forza interni al centro-sinistra ed al Pd, ma niente aggiungerebbe alla disputa con il centro-destra.
È l’astensionismo il blocco di elettori al quale la nuova segreteria dovrà dedicare buona parte delle sue energie: su questo tavolo si gioca la vera partita.
Cosa diversa invece con Calenda e Renzi. La personalità politica dei due si sa è particolare, non garantiscono un terreno comune sul quale camminare insieme, sgusciano dalle mani come anguille, oggi ci sono ma domani si vedrà, magari te li trovi alleati con il centrodestra in qualche elezione comunale o regionale. Ed allora cercare gli spazi per una eventuale coalizione diventa difficile. Tuttavia è obbligo provarci.
Il Pd di Elly Sclein è un partito in mezzo a due fuochi, da sinistra e verso il centro, ad alto rischio scissione. Ma Fratelli d’Italia qualche anno fa era messo peggio, eppure adesso sta sull’onda a prendere il vento migliore. È un problema d’identità politica, di radice storica, tutta roba che il Pd ha perso nello sciabordio delle molte correnti che di fatto l’hanno immobilizzato. É come se la paura di farsi alcune domande – ad esempio cosa vuol dire essere di Sinistra – l’avesse in qualche modo indebolito, la grande maledizione del Pd che ha bruciato una leadership dopo l’altra.
Da parte loro gli elettori invece hanno dimostrato di non andare tanto per il sottile, si spostano velocemente, glorificano, affossano, poi si astengono. Lo zoccolo duro, sempre più sottile, non fa più la differenza. Oggi conta l’elettorato mobile e chi non vota, se li convinci, in due anni arrivi al 30% e forse anche di più.
Un secondo aspetto su cui ragionare riguarda invece il tesseramento.
Potrà apparire una questione secondaria ma non lo è. Lo svuotamento delle sedi di questi anni è un trend che va invertito, perché, come ogni buon attivista sa, i gazebi non si montano da soli. Ma non solo. C’è l’oggettiva necessità di allargare la base del partito in quantità e qualità, nuovi iscritti che votano ai congressi, classe dirigente che si forma.
Bene quindi ha fatto Elly Schlein ad attivare subito un nuovo tesseramento, ed i primi dati le stanno dando ragione. Il Pd ha bisogno di energie fresche, soprattutto da quella platea di giovani che per età non sono appartenuti alle tradizioni politiche fondatrici del partito.
Cambiare pelle non vuol dire per forza rottamare. L’idea di Renzi era sbagliata non solo dal punto di vista politico ma anche da quello comunicativo. Lui ci ha rimesso le penne.
Legato per certi versi alla questione del tesseramento, c’è un altro tema che solo a pensarlo fa venire il mal di testa: la formazione.
Siamo tutti d’accordo che ormai è diventata una necessità, anzi, di più, un’emergenza. La classe politica è davanti ai nostri occhi, la sentiamo esprimersi ogni giorno, imbarazzante. La Schlein non potrà evitare questo tema. Il problema è talmente avanzato che dovrà inventarsi qualcosa di veramente risolutivo.
Serve gente preparata, e se c’è bisogno di formarla formatela e se invece va pagata pagatela, purché si arrivi ad avere una generazione di politici capaci. Non possiamo continuare a pensare di risolvere problemi complessi con scarse competenze, come non possiamo pensare di mettere a capo di una società pubblica un manager che parafrasa il peggior Mussolini nelle sue mail. Quasi da non crederci.
E visto che ci siamo, parliamo anche di primarie.
Il Pd deve capire se questo strumento di partecipazione risponde ancora alle sue necessità o se invece sia arrivato il tempo di sperimentare qualcosa di diverso. Di certo ci sono due aspetti che non possono essere elusi: la bassa affluenza, perché un milione di partecipanti è un dato molto deludente per un partito come il Pd, e poi l’assenza di un ente terzo che certifichi la regolarità dei risultati. Vedremo.
Molte cose si possono fare nella vita. Alcune di queste hanno il sapore della sfida, altre della follia: diventare segretaria del Partito Democratico forse li ha entrambi.
Probabilmente Elly Schlein ne è cosciente. Il suo è un compito arduo, che, finiti gli entusiasmi iniziali, la vedrà protagonista di quella che potrebbe essere l’ennesima amara sconfitta del partito o un’incredibile vittoria epocale.
Sono in molti a scommettere contro di lei, ormai troppo stretti i nodi per essere sciolti. È una consapevolezza che forse angoscia anche i suoi sostenitori e chi ha pagato due euro per votarla alle primarie, la misura del Pd, tra la perenne urgenza del cambiamento e la difficoltà di farlo.