I medici di famiglia, questi sconosciuti. Sono in molti a considerarlo come una figura di serie B, ma errore più grossolano non si potrebbe commettere.
Eppure la maggior dei pazienti ritiene che i medici servano solo a farsi prescrivere un medicinale che poi si andrà’ a comprare in farmacia spendendo solo i soldi del ticket. Che differenza con il “condotto” di una volta, considerato una delle poche persone del paese fondamentali insieme con il sindaco, il maresciallo dei carabinieri e il farmacista.
Si andava da lui e soltanto da lui quando si aveva un qualsiasi problema di salute: dal raffreddore al mal di denti; da una indecifrabile influenza ad un reumatismo. Oggi non è più cosi: si corre subito dallo specialista che non si pronuncerà mai finché non avrà i risultati di una serie di analisi.
Medici più bravi o meno bravi di un tempo? No, la realtà è una sola: e’ cambiato tutto in qualsivoglia professione e da qui ne discendono una serie di conseguenze quotidiane. C’è poi un’altra importante circostanza che non bisogna assolutamente dimenticare: quella della soluzione dei mille problemi che si debbono affrontare per cui la pratica conta di più e ti aiuta a risolvere i casi più svariati.
Ricordo gli anni in cui da bambino si prendeva una febbre e si chiamava subito il medico che allora si definiva condotto. Lo ricordo come se fosse oggi. Sdraiato sul lettino della mia camera e con la febbre alta, i miei genitori aspettavano una parola di conforto. Che sarà mai? Una semplice influenza o qualcosa di più grave? Il medico appena si affacciava alla porta della mia stanza emetteva il suo insindacabile giudizio: “Il bambino ha gli orecchioni, in una settimana passerà tutto”. Ed aggiungeva:”Meno male che gli son venuti adesso perché da grande questo virus sarebbe stato più pericoloso ed insieme più difficile da combattere”
Oggi quanti sono i giovani laureandi in medicina che ritengono di seguire quella strada? Pochi, pochissimi, si contano sulle di una mano. Ne spiegano anche le ragioni: “ Si guadagna poco e non c’è modo di cambiare indirizzo. Lo stipendio sarà sempre quello: meno di un metalmeccanico, senza offesa per questa categoria di persone”. Insomma, è il Dio danaro a snobbare la strada del medico di famiglia o che altro?
Se provi a domandarlo ad uno dei tanti giovani vicini al diploma stenteranno a darti una risposta perché in parte si vergognano. Credono che in futuro militeranno per sempre in serie B. E’ inutile insistere, non se ne caverà un ragno dal buco. Ecco la ragione per la quale un giovane di 26 anni e’ considerato un’eccezione tanto da meritare lunghi articoli, in specie nella regione in cui è nato e cresciuto: la Sicilia.
Il professionista è di Acireale, un bellissimo centro in provincia di Catania ed è qui che ora svolge il suo lavoro. Si chiama Giorgio Pulvirenti ed è arcicontento di aver scelto di diventare un medico di famiglia. “So bene come la pensano i miei colleghi, ma la mia vita la voglio trascorrere con i miei pazienti che impareranno a conoscermi ed io conoscerò’ meglio loro”.
Orgoglioso, gli domandano? “Certo che lo sono ed anche molto felice”. Forse questo esempio potrà far cambiare idea a quei giovanotti che presto dovranno seguire il giuramento di Ippocrate? Difficile dirlo e ipotizzarlo. Ma qualche dubbio dovrebbe nascere e far pensare, in specie a coloro che sono al vertice della Sanità, di correggere il tiro e convincere con atti concreti che il medico di famiglia non è affatto di serie B. Anzi, magari ce ne fossero preparati e umili come una volta. Molti problemi si potrebbero risolvere in un amen.