Una donna paralizzata da un ictus torna a parlare attraverso un avatar digitale che riproduce la sua voce e perfino le espressioni del volto. Il merito è di una nuova interfaccia cervello-computer che, grazie all’intelligenza artificiale, riesce per la prima volta a tradurre i segnali dell’attività cerebrale in parole ed espressioni per consentire una comunicazione più rapida e naturale. I risultati della sperimentazione sono pubblicati su Nature dai ricercatori dell’Università della California a San Francisco e Berkeley.
La donna paralizzata e l’avatar
Come riporta l’Independent, il team, guidato dal neurochirurgo Edward Chang, ha applicato sul cervello della donna una sottilissima pellicola rettangolare contenente 253 elettrodi: il dispositivo, posto sopra un’area cruciale per la comunicazione, rileva i segnali cerebrali che a causa dell’ictus non riescono più a essere inviati all’apparato fonatorio (lingua, bocca, laringe) e ai muscoli facciali. I segnali vengono quindi mandati ad un sistema di intelligenza artificiale che è stato addestrato per settimane a riconoscere le onde cerebrali della donna che corrispondono ai diversi suoni (fonemi) che compongono le parole.
Per rendere tutto più realistico, i ricercatori hanno abbinato un algoritmo che sintetizza le parole con la stessa voce della paziente (ripresa da alcune registrazioni fatte al suo matrimonio prima dell’ictus). Infine il volto dell’avatar ricreato sullo schermo del computer è stato animato sulla base dei segnali cerebrali della donna grazie a un software che riproduce il movimento dei muscoli facciali, non solo per aprire e chiudere la bocca o muovere la lingua, ma anche per ricreare espressioni di felicità, tristezza e sorpresa.
Come funziona
La nuova interfaccia cervello-computer permette inoltre di comunicare traducendo i segnali cerebrali in un testo scritto alla velocità di 80 parole al minuto, con risultati migliori delle tecnologie attualmente disponibili. “Il nostro obiettivo – afferma Chang – è ripristinare un modo di comunicare completo e fisico, che è davvero il modo più naturale per noi di parlare con gli altri. Questi progressi ci portano molto più vicini a rendere questa soluzione un’opzione concreta per i pazienti”. Il prossimo passo sarà quello di sviluppare una versione senza fili che non richieda al paziente di essere fisicamente connesso all’interfaccia. “Dare alle persone la possibilità di controllare liberamente i propri computer e telefoni con questa tecnologia avrebbe effetti profondi sulla loro indipendenza e sulle interazioni sociali”, sottolinea il ricercatore David Moses, tra gli autori dello studio.