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Web e tv con museruola, stop a social e porno: la guerra di Giorgia Meloni al crimine giovanile

Web e tv con museruola, stop a social e porno: la guerra di Giorgia Meloni al crimine giovanile.

Finalmente ci si è resi conto che con il web o i social non si poteva andare avanti senza prendere provvedimenti o divieti che potessero cambiare una situazione divenuta insostenibile e  spesso pericolosa.

Abbiamo dovuto attendere fatti di cronaca drammatici. Così solo allora il premier   è intervenuto ed ha istituito un gruppo di lavoro con tutti i ministeri competenti per stilare un piano d’azione operativo e concreto. 

Per anni si sono chiusi gli occhi senza comprendere che il dilagare di questo fenomeno avrebbe potuto provocare danni irreversibili. Prendiamo come primo esempio l’informazione: per diventare giornalisti professionisti oltre ad un tirocinio che dura diciotto mesi bisogna superare un esame scritto e orale che ti  dà poi la possibilità di iscriverti all’Ordine.

Il giorno che i social sono potuti intervenire senza alcuna regola è successo che tutti avrebbero potuto scrivere a piacimento quel che  più ritenevano opportuno. Chiariamo subito che  non si vuole tappare la bocca a chicchessia  violando l’articolo 21 della nostra costituzione  che dà la possibilità a tutti  di esprimere il proprio parere  per iscritto o a parole.

Si dà il caso però che molti datori di lavoro (si possono definire così?) abbiano approfittato di questo nuovo corso per  offrire un posto a giovani (non sottopagati, ma di più) senza nessuna esperienza e capacità  culturali.

E’ chiaro che stando così le cose l’informazione  abbia subito una ferita che solo a volte si è avuta  la possibilità di sanare. Spesso si danno notizie che non hanno nessun fondamento e magari non sono state verificate come è obbligo principale di qualsiasi giornalista.

Con il web la situazione è ancora peggiorata, se  possibile, perché non si è pensato di mettere un freno e di regolamentare in qualche modo l’urto che questo stato di cose avrebbe potuto provocare.

 Perciò anche i giovanissimi hanno potuto avvalersi del sistema senza il minimo freno. 

Ecco, dunque, la pornografia dilagare anche fra i minorenni. Il loro stimolo di emulazione  è grande ed è anche comprensibile. Anche la mia generazione aveva la stessa sete e la stessa curiosità. Soltanto che noi, fino a dodici o tredici anni, credevamo ancora alla Befana o ai bambini portati dalla cicogna o trovati sotto un cavolo.

E’ vero. i tempi sono cambiati e sarebbe assurdo azzardare un paragone. Ma la differenza è talmente grande che lascia affiorare dubbi e perplessità.

Allora, dopo i tanti danni, Palazzo Chigi ha affrontato il problema che non era più  rinviabile. Sostiene Giorgia Meloni: “Bisogna aiutare i nostri ragazzi a comprendere il duplice volto del web, strumento che non va condannato a priori, ma che deve essere  un luogo sicuro per proteggerli dall’insidiosa trappola del cyberbullismo e della pedopornografia  on line”.

Sottolineiamo le parole del presidente del Consiglio, ma speriamo che dopo le parole seguano  I fatti. La tv non deve mandare in onda programmi che possano turbare anche le coscienze dei più giovani (ne ricordiamo uno che non è bene nemmeno citarne il nome), il trash va spazzato via specialmente nelle emittenti “free”.

Molti legano questo fenomeno a quello delle baby gang. Le cifre sono  impressionanti. Casi del genere durante il Covid sono stati 741 e nel 2022 in soli sei mesi. Il numero è salito vertiginosamente per  arrivare a 1900.

Non c’è tempo da perdere dunque. Già nei giorni scorsi quattrocento uomini della polizia, dei carabinieri e della guardia di finanza hanno ispezionato le abitazioni di Caivano con buoni risultati, ma la sinistra ha subito commentato: “E’ la solita passerella”. Dinanzi a simili fenomeni vogliamo finalmente unire le forze politiche  per ottenere quei risultati che la gente vorrebbe subito?

 

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