Messa senza prete sull’altare, la rivoluzione nella Chiesa cattolica romana parte da Genova.
Nei giorni di un Sinodo epocale, che potrebbe cambiare la storia della Chiesa cattolica e nella Diocesi. che con il cardinale Siri era la più conservatrice in Italia, parte una grande rivoluzione non del tutto inedita ma sicuramente choccante per il pubblico dei fedeli cattolici. Riguarda la Messa.
Per la prima volta dall’anno 400 dopo Cristo ci saranno celebrazioni in chiesa senza il prete sull’ altare. Al suo posto “catechisti”, formati in corsi speciali, e può darsi anche donne, a svolgere lo stesso ruolo, compresa l’omelia e esclusa ovviamente la consacrazione dell’ostia, che può essere compiuta solo da sacerdoti o religiosi, “unti” come ministri di Dio.
La notizia bomba è stata pubblicata con un lungo articolo sul settimanale cattolico “IL Cittadino”, già quotidiano completo fino agli anni Settanta, firmato da Gianfranco Calabrese, vicario episcopale di Marco Tasca, arcivescovo di Genova, che evidentemente ha scritto sotto la dettatura del suo capo.
Davanti alla crisi abissale delle vocazioni sacerdotali, al vuoto nelle chiese di sacerdoti, frati e altri religiosi, in poco meno di venti anni più che dimezzati nelle 278 parrocchie genovesi, la Curia ha varato questa decisione pilota, che coincide in parte con il grande dibattito che la Chiesa cattolica romana sta compiendo con la riunione a Roma del Grande Sinodo, la riunione di 449 vescovi, 70 fedeli non vescovi, anche 54 donne, in una sessione lunga 4 settimane nell’ aula Nervi del Vaticano, presieduta da papa Francesco.
A Genova oggi i preti sono ridotti a 200, quando venti anni fa’ erano 477, a fronte di 278 parrocchie, disseminate nel complicato territorio genovese.
I religiosi che possono “soccorrere” venti anni fa erano 338, oggi sono 72. In questa situazione diversi parroci sono costretti, magari in età ultra avanzata, a coprire più parrocchie magari lontane una dall’altra e a celebrare più volte la messa.
La regola stabilisce che non si possono dire più di due messe nello stesso giorno e, con il permesso del vescovo, tre. E allora come risolvere?
Non si può garantire la messa domenicale a tutti, ma la Chiesa deve dare a tutti la possibilità di “festeggiare “ la domenica. Ecco allora questa soluzione, che non è una novità assoluta nella Chiesa cattolica, praticata già in diversi paesi esteri, ma certamente non nota al gran pubblico, che ancora frequenta e segue la relativa liturgia.
Si formano dei laici che non saranno “animatori religiosi”, capaci di stare sull’altare, che di questi ce ne sono già, ma veri catechisti ben istruiti.
“ Il sacerdote – dicono in Curia a Genova – non può trasformarsi in “moltiplicatore di messa” perché in questo caso metterebbe a repentaglio la qualità della celebrazione, ma anche il suo stato psico fisico. Perderebbe il contatto con i suoi fedeli, correndo per le parrocchie e sfinendosi.
Meglio “festeggiare” con una celebrazione diversa nella quale si impone “ la liturgia della parola”, affidata, appunto al catechista ben formato nei corsi che la Diocesi organizzerà e gestirà anche con una certa urgenza. E’ chiaro che in questa celebrazione sarà somministrata anche la comunione, ma con ostie evidentemente consacrate durante messe precedenti, celebrate secondo la liturgia tradizionale.
La notizia genovese non ha il crisma della novità, ma annunciata in modo così ufficiale assume il tono della rivoluzione per chi varca i portoni delle chiese, aspettandosi di “andare a messa”. E ancora di più va sottolineata perché questo avviene in quella Diocesi che Siri governò per 45 anni, imponendo un tradizionalismo formale e non solo, di cui esistono ancora tracce ben radicate in un clero che proprio per ragioni di età era considerato molto fedele alla liturgia “classica”.
Colpisce ancora di più la coincidenza con il grande evento che si sta celebrando a Roma, dove ci sono i presupposti di cambiamenti molto profondi, oppure no. Il grande Sinodo che durerà fino alla fine di ottobre può veramente rivoluzionare la chiesa?
Due tendenze si fronteggiano per la prima volta dai tempi del Concilio Vaticano II, i riformisti e i tradizionalisti.
I cardinali più esperti prevedono che si parlerà anche a fondo di celibato sacerdotale e di ruolo delle donne.
La Chiesa tedesca si è molto esposta in avanti, facendo addirittura prevedere nelle sue ali più progressiste uno scisma da Roma, che dopo secoli e secoli da Martin Lutero, porterebbe “il Reno a deviare il corso del Tevere”, secondo una immagine già usata nel tempo e che torna minacciosamente.
In realtà non c è solo la Chiesa di Germania, ma ci sono anche quelle sudamericane, quella australiana, pezzi di quella Nord americana, quella brasiliana, dopo il suo rivoluzionario Sinodo, a spingere.
Ma come ha ricordato il cardinale Schonborn, uno dei grandi saggi della Chiesa, intervistato dai media vaticani, comunque il Sinodo è solo consultivo e, quindi, ci sarà un grande confronto di idee, anche pesante, una mega discussione, che partirà dai faldoni che ogni vescovo trova sul suo banco nella grande aula.
In realtà molti cambiamenti sono attesi dal Concilio Vaticano II, celebrato negli anni Sessanta e mai realizzato e codificati nella enciclica “Gaudet Mater Ecclesia” di Giovanni XXII.
Gli esperti sostengono che non si può in alcun modo assimilare un Sinodo così planetario e da anno tremila con il Vaticano II degli anni Sessanta. Ma l’attesa è sicuramente quella di una evoluzione “forte”, che poi magari troverà forma di decisione più avanti nel tempo.
Ma intanto bisogna aspettare, sperando che non succeda quello che ha spiritosamente chiosato il papa Francesco augurandosi “di non dover assistere a un programma televisivo nel quale si parla di tutto.”
Così si torna a Genova, aspettando il primo catechista che predica dal pulpito, in una delle sue storiche chiese.