Calabria, sanità anno domini numero uno. Problema risolto quello dell’assistenza medica nella regione considerata “il sud del sud”? Assolutamente no.
In qualche paese, se la situazione è migliorata lo si deve all’aiuto di un nutrito gruppo di dottori cubani che hanno voluto fare questa esperienza in Italia. Non sono pochi per il momento, ma ne verranno altri. Dai 71 odierni si passerà ai 140. Perché succede questo? Per il semplice fatto che in questa terra così bella e così dimenticata, il supporto sanitario non esiste o quasi.
Si è tentato molte volte negli ultimi anni di ridare fiato ad una questione assai delicata com’è quella della cura della gente. Invano: si sono susseguite le nomine di commissari straordinari, ma dopo un periodo di ottimismo si è tornati alla situazione precedente. Invidie, intralci burocratici, difficoltà dei comuni, proteste, manifestazioni.
Niente: tutto è rimasto come prima. Un esempio emblematico di una zona, quella dell’alto Jonio cosentino? Ne possiamo parlare con una certa sicurezza perché chi scrive deve i suoi natali proprio lì. Ebbene per chilometri non si trova un ospedale e quelli che ci sono, spesso non hanno la possibilità di accogliere altri malati perché non c’è più un letto dove sistemarli.
Non è solo il cosentino a vivere questa situazione. In tutte le province, da Reggio Calabria a Crotone, da Vibo Valentia a Catanzaro i problemi sono sempre gli stessi: carenza di strutture, mancanza di medici, pochi soldi in bilancio.
Molte volte si è gridato l’SOS, ma neppure a Roma il danaro è sufficiente. Come fare? Sono anni che si va alla ricerca di una soluzione, ma senza soldi non si conclude un bel nulla. Ne consegue che molti giovani bravi e promettenti se ne sono andati: in altre zone d’Italia o addirittura all’estero.
“Non si riusciva a lavorare e quando, dopo mille peripezie, si trovava un posto, era difficile mantenere quell’incarico perchè tutto era a tempo determinato”. Così parla un medico, nemmeno trentenne, fuggito negli Stati Uniti dove ha un incarico che gli dà molte soddisfazioni.
Questo ritornello non è solo della Calabria, ma il problema è generale: lo si è potuto toccare con mano ai tempi del Covid. Medici e infermieri sono stati considerati degli eroi fino all’assurdo che chi ha fatto tanti straordinari, è stato raggiunto da una multa (o tassa che sia) per essere andato oltre il dovuto.
E’ intervenuto d’urgenza il presidente della Repubblica che, meravigliato, ha stigmatizzato il caso fino a che non si è fatta una doverosa retromarcia.
Ecco dunque il problema che torna periodicamente ad affacciarsi: l’insufficienza del personale sanitario e infermieristico che impedisce alle province ed ai comuni più poveri di venire incontro a problemi così importanti.
“Necessità fa virtù”, si potrebbe dire servendosi di un vecchio adagio. Così, in parte, i più coraggiosi hanno trovato il rimedio, sempre con il beneplacito delle autorità regionali. All’estero un notevole numero di medici non riusciva a trovare lavoro e così per superare l’esodo dei nostri giovani, si è ricorsi ad altre nazioni.
Ad esempio a Cuba, dove molti neo laureati disoccupati, hanno detto si all’iniziativa di alcuni centri calabresi. A Polistena, un paese della piana di Gioia Tauro in provincia di Reggio Calabrria, ne sono stati assunti un discreto numero capace di risolvere in parte il degrado sanitario di quella zona.
Adrian Dominquez lavora al pronto soccorso di quell’ospedale ed è entusiasta. Non è facile, ma quando arrivano le prime soddisfazioni, tutto diventa più semplice. “I macchinari con cui lavoro oggi ce li sogniamo nel nostro Paese, però siamo riusciti ad imparare in fretta”.
Il sindaco è soddisfatto. La prova sta andando bene, ecco perché ne arriveranno da Cuba altri 170.
I fatti che abbiamo raccontato hanno una unica morale. Se la sanità pubblica in Italia avesse più fondi, si eviterebbe la fuga dei nostri giovani, i quali sarebbero ben lieti di rimanere in Italia, ma a certe condizioni. Manca il danaro, ne arriverà altro in futuro? La Calabria lo spera come il resto del Paese.